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Caporalato in agricoltura: salvare la reputazione di un intero settore diventa un percorso in salita

Nell'edizione di ieri sera (ore 20 del 23 ottobre 2016, dal minuto 33:39) del TG5 di Mediaset è andato in onda l'ennesimo servizio giornalistico sul tema del caporalato, tornato alla ribalta in questi giorni a seguito dell'approvazione della legge finalizzata a contrastare il fenomeno.

La troupe del giornalista Antonio Bartolomucci si è recata in Puglia, regione evidentemente interpretata quale uno degli epicentri del problema; qui, un tentativo di riscattare l'immagine del settore ortofrutticolo di fronte all'opinione pubblica è stato intrapreso da Giacomo Suglia, presidente APEO, e da altri imprenditori del settore dell'uva da tavola, come Massimiliano del Core della ditta Dr Franco Pignataro.



Suglia ha affermato: "La legge è nata a seguito degli errori di qualcuno e, per castigare questo qualcuno, oggi pagano in tanti". Del Core ha sottolineato come le grandi aziende ortofrutticole organizzate abbiano "molto da perdere" nei confronti dei clienti e dei mercati da eventuali pratiche illegali: e le brevi immagini filmate di uno stabilimento avanzato per la lavorazione dell'uva da tavola hanno fornito un colpo d'occhio su quello che è in effetti il livello delle maggiori imprese pugliesi operanti nel settore.



Peccato che il servizio nel suo complesso, terminato con le immagini del cosiddetto ghetto di Rignano in provincia di Foggia, abbia svilito la testimonianza degli imprenditori, riducendola in sostanza a quelli che dicono "ma il caporalato non esiste".

Oggi il settore agricolo italiano in generale e quello ortofrutticolo in particolare hanno di fronte a loro un percorso in salita. E' infatti molto difficile scrollarsi di dosso orribili, quanto facili, etichettature; e salvare la reputazione delle aziende meritevoli rischia di non avere la stessa risonanza mediatica dei fatti di cronaca. Eppure è da qui che bisogna ripartire: tutto il resto viene dopo.