Il terrorismo sui residui non contribuisce ai consumi di frutta e verdura
Ora, finalmente, una nuova indagine condotta dai ricercatori del Centro per la Nutrizione dell'Istituto di tecnologia dell'Illinois e pubblicata su Nutrition Today dimostra come non soltanto la sostituzione di alimenti biologici ai convenzionali non diminuisca in alcun modo un presunto rischio per la salute umana, ma anche che la disinformazione che scaturisce da questo genere di iniziative conduce alla disaffezione nei confronti di frutta e verdura, soprattutto da parte delle famiglie meno abbienti, dove già il consumo di prodotti ortofrutticoli è fin troppo basso.
"Siamo rimasti sorpresi - dichiara il dott. Britt Burton-Freeman, professore associato presso l'Istituto di ricerca - nel vedere quanto l'indicare alcuni frutti e ortaggi specifici come quelli che contengono i residui chimici più elevati abbia incrementato la percentuale di acquirenti che hanno dichiarato di non essere disposti ad acquistare alcun prodotto ortofrutticolo in generale, a prescindere dall'essere stato coltivato in regime biologico o no".
Tutto ciò rema contro i grandi sforzi del settore sanitario statunitense nel promuovere un maggiore consumo di frutta e verdura: le preoccupazioni circa la scarsa sicurezza dei prodotti ortofrutticoli diventano ulteriori barriere immotivate al consumo. Particolarmente preoccupante, come ricordato sopra, è l'impatto sulle famiglie a basso reddito, che spesso non hanno accesso o non possono permettersi l'acquisto di ortofrutta bio.
Esponenti della Alliance for Food and Farming concludono che la tattica della EWG chiaramente non sta funzionando e che, anzi, costituisca la classica zappa sui piedi: "E' ora - dichiara Teresa Thorne - che EWG ripensi la sua strategia di promozione degli ortofrutticoli biologici e rinunci a tattiche finalizzate a spaventare i consumatori, distogliendoli dall'acquisto di frutta e verdura più accessibili e a minor prezzo".