In questo, continua Ecowatch, "l'agricoltura urbana rappresenta un'opportunità unica per coltivare su terreni vuoti o inutilizzati (all'interno delle città, ndr)". Coltivando direttamente nelle città si riduce praticamente a zero la distanza tra la zona di produzione e quella di consumo. "Spetta al produttore essere il più creativo possibile", nel trovare nuovi spazi urbani dove coltivare e con quali tecniche. Così il sito riporta alcuni casi di urban farming dove il minimo comune denominatore è quello dell'inventiva degli agricoltori.

Container per urban farming della Freight Farm (fonte Freight Farm)
Nel 2010, a Boston (Stati Uniti), Jon Friedman e Brad McNamara hanno fondato la Freight Farm: l'azienda riadatta container per trasformarli in mini-aziende agricole che producono frutta e verdura per tutto l'anno. Ognuno di questi container è indipendente e isolato dall'esterno, sicché viene eliminata la necessità di usare pesticidi e diserbanti, mentre una rete wi-fi e l'accesso a Internet ne permettono un controllo digitale completo.
Le Freight Farm vende questi container riadattati a un prezzo di 76mila dollari l'uno e Shawn e Connie Cooney, pure loro di Boston, hanno sfruttato il sistema per coltivare in città cavoli, coriandolo, senape e menta, che poi rivendono all'ingrosso o ai ristoranti di Boston. Oggi i due hanno quattro di questi container in produzione e spiegano di riuscire a raccogliere tanto quanto si otterrebbe su circa un ettaro e mezzo di terreno, ma in meno tempo e per tutto l'anno.

Rendering di come sarà Plantagon (fonte: facebook, Plantagon)
Ora è noto che nelle città, mancando lo spazio piano si tenda a sfruttare quello verticale, con edifici sempre più alti; lo stesso può accadere anche nell'agricoltura urbana: sono le vertical farm, che sfruttano l'altezza per massimizzare gli spazi e coltivare di più; in questo caso la coltura non è su terreno bensì idroponica.
Quella delle vertical farm è un'idea introdotta per la prima volta nel 1999 da Dickson Despommier, professore di biologia e sanità pubblica alla Columbia University e l'idea si sta oggi diffondendo in tutto il mondo, come in Giappone e nel Wyoming (Stati Uniti).

Rendering di un altro esempio di urban farming, realizzato dalla stessa mano di Plantagon (fonte: facebook, Plantagon)
In Svezia - riporta Ecowatch - ne esiste una versione in costruzione (il fine lavori è previsto entro il 2015) chiamata Plantagon. Dei binari permettono alle piante di muoversi all'interno della struttura per massimizzare l'esposizione alla luce del sole e si stima che l'edificio produrrà tra le 300 e le 500 tonnellate di cibo all'anno, in uno spazio di 400 metri quadrati.
The Plant è un altro esempio di vertical farm, stavolta a Chicago, un ex impianto di lavorazione della carne riadattato per la produzione agricola (e del tè Kombucha, una bevanda fermentata) a ciclo chiuso; un digestore anaerobico da un lato trasforma infatti gli scarti in fertilizzanti usati nella stessa azienda, dall'altro produce calore ed energia in quantità tali da rendere l'azienda autosufficiente.

L'ex stabilimento di Chicago poi riconvertito in The Plant (fonte: facebook, The Plant)
Su scala più piccola invece, in Arizona, una famiglia ha trasformato la propria piscina nella Garden Pool, un esempio di urban farming a ciclo chiuso per la produzione alimentare, unendo l'uso della luce solare, il riciclo dell'acqua e l'acquacoltura. I creatori spiegano che con una piscina di medie dimensioni è possibile per una famiglia prodursi in casa frutta e verdura per un anno.
Rielaborazione FreshPlaza su fonte www.ecowatch.com