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"Lugli (UniBo): "La tendenza in cerasicoltura sono piante e sistemi che agevolino le operazioni"

Ciliegie: sempre piu' in basso per ottenere l'alta qualita'

Inutile girarci intorno, dimenticate i ceraseti di una volta, quelli da foto in bianco e nero, con alberi alti anche diversi metri e i raccoglitori intenti in acrobazie da equilibrista su lunghe scale. Già, perché da alcuni anni a questa parte anche il ciliegio sta andando incontro a una rivoluzione nelle forme d'allevamento.

Questa rivoluzione sarà uno dei temi clou del Convegno Nazionale del Ciliegio 2.0 che si terrà tra meno di un mese, esattamente il 25 febbraio, a Vignola (MO). In quell'occasione chi ci guiderà alla scoperta di come sono cambiati i sistemi d’impianto per le ciliegie sarà Stefano Lugli (nella foto sopra a destra) del Dipartimento di Scienze Agrarie all'Università di Bologna e convener del convegno; uno di quelli per cui le ciliegie hanno davvero pochi segreti.

Clicca qui per scaricare il programma del convegno.

"Stiamo assistendo – ci anticipa Lugli - a un processo che va controcorrente rispetto alla natura stessa del ciliegio; questa pianta infatti ha una tendenza naturale a crescere, fino a raggiungere grandi dimensioni; inoltre ha una spiccata acrotonia, caratterizzata da un habitus vegetativo per lo più assurgente e un periodo produttivo iniziale relativamente lungo. Ma oggi la tendenza è quella di puntare verso cereseti ad alta densità, anche 800-1200 piante per ettaro contro le tradizionali 500. Una nuova tendenza resa possibile grazie sì ai progressi conseguiti nelle tecniche di allevamento e di conduzione delle chiome, ma soprattutto grazie alla diffusione di portinnesti clonali, semi-nanizzanti e nanizzanti, dotati di gradi crescenti di controllo della vigoria della pianta".



Non solo, perché accanto a ceraseti ad alta densità se ne stanno diffondendo altri ad altissima densità, perfino con 5.000 piante per ettaro. In tutti i casi, il comune denominatore è la possibilità di gestire pianta e produzione da terra: è il cosiddetto ciliegio senza scala. "Ora – spiega Lugli – la tendenza è di concepire un modello d'impianto che sia in grado di coniugare alta qualità delle produzioni con i volumi e la standardizzazione del prodotto. Tutto nell'ottica di una gestione quanto più economica, competitiva ed ecosostenibile del ceraseto".


Anno 1915. Allora le piante erano molto più alte di oggi, così come la densità: in questa foto di un secolo fa, c'erano appena 200 piante per ettaro (Fonte Lugli)

Una rivoluzione non del tutto nuova, nel mondo delle piante da frutto, perché, continua Lugli, "un processo simile è già avvenuto nel melo e nel pero. La differenza è che per il ciliegio i portinnesti nanizzanti come per esempio Gisela sono stati introdotti di recente, negli anni 2000, mentre per il melo il corrispettivo è stato introdotto nel 1950, e nel pero ancora prima, nel 1930".


Un impianto a media densità, con 600 piante per ettaro (Fonte: Stefano Lugli)

Di vantaggi ce ne sono, eccome: "L'alta densità – riprende l'esperto - consente di ridurre la mole degli alberi e il periodo improduttivo, aumenta le rese produttive unitarie e, se ben gestiti, gli impianti sono in grado di produrre ciliegie di alta qualità. Questo si traduce in una migliore governabilità delle piante da terra, una maggiore razionalità d'impiego dei prodotti fitosanitari e dei concimi, una maggiore efficienza d'impiego delle macchine irroratrici e dei cantieri di lavoro. Consente poi di contenere i costi complessivi di manodopera, specialmente per la potatura e la raccolta, di ottimizzare l'impiego dei mezzi tecnici portando alla riduzione dei costi colturali. Permette inoltre una più facile ed economica applicazione dei mezzi di difesa contro le avversità biotiche, come gli insetti, e abiotiche, come pioggia e grandine".


Sopra: un impianto ad alta densità, con 1.500 alberi per ettaro. Sotto: un impianto ad altissima densità, con 5.000 (a sinistra) e 6.500 (a destra) alberi per ettaro.



Non è però tutto oro quel che luccica e, a fronte di molti vantaggi, qualche svantaggio ce l'hanno anche i ceraseti ad alta densità. "Aumentano gli investimenti iniziali e la necessità di ammortizzare queste quote nel più breve tempo possibile. Poi, rispetto agli impianti più tradizionali, è più complesso conservare nel tempo l'efficienza produttiva del ceraseto e mantenere la qualità delle ciliegie su standard elevati, specialmente a fine ciclo. Anche la scelta varietale diviene più ristretta e anche più difficile, dovendo usare portinnesti nanizzanti che hanno forte interazione con date varietà. Infine, va messa in conto una riduzione della longevità del frutteto".


Un ceraseto allevato a vasetto catalano, con una densità medio-alta: 800 piante per ettaro (Fonte: Stefano Lugli)

Soppesando pro e contro delle varie tipologie di impianto moderne è così possibile delineare quale sia la direzione verso cui si sta orientando la cerasicoltura. "I trend attuali – riprende Lugli - vanno sempre più verso strutture e sistemi d'impianto che agevolino il più possibile tutte le operazioni colturali, a partire dalla raccolta. Tenendo conto della dimensione aziendale, del grado di meccanizzazione, della disponibilità di manodopera e della destinazione finale del prodotto, possiamo proporre tre modelli di impianto con differenti peculiarità". Tre menù, dal rustico a basso prezzo al più innovativo e ricercato per palati fini ma anche il più costoso.


Una tabella esplicativa del rapporto tra portinnesto, densità, varietà e forma d'allevamento. In verde le combinazioni ottimali per avere una ciliegia di qualità, viceversa in rosso quelle sconsigliate. Clicca qui per vedere la tabella ingrandita (Fonte: Stefano Lugli)

Di questo – e molto altro - si parlerà a Vignola, al Convegno Nazionale del Ciligio; un appuntamento, spiega Lugli che del convegno è organizzatore, "molto sentito dai produttori e dai tecnici, italiani e non. L'ultimo convegno nazionale dedicato alla ciliegia vide 800 partecipanti, tanti, segno del forte interesse e della voglia di sapere cosa c'è di nuovo in questo mondo della ciliegia. La fiducia che vediamo riposta in queste occasioni è molta e pure questo è un segnale positivo della buona partnership tra noi universitari e il mondo produttivo e commerciale. Anche le aziende sponsor del convegno, una trentina, hanno risposto subito al nostro invito e ci hanno permesso di organizzare non un semplice seminario, come era negli intenti di qualche mese fa, ma addirittura un convegno nazionale con presenze qualificate anche d'oltre confine".


Un ceraseto a vasetto multiasse. La densità è medio-alta con 800 piante per ettaro (Fonte: Stefano Lugli)

Il convegno, chiude Lugli, "sarà un'occasione unica di aggiornamento tecnico su due tematiche fondamentali: come fare qualità, ma pure come difenderla. Si affronteranno tutti gli aspetti che interessano la filiera ciliegio, mettendo in evidenza le linee guida da seguire per coltivare ciliegio con tecnologie moderne al fine di ottenere un prodotto di alta qualità: questa è l'unica via per fare reddito in un mercato oramai globalizzato anche per la ciliegia, per fortuna ancora dotata di una sua stagionalità".

Clicca qui per scaricare il programma del convegno.

Contatti:
Dott. Stefano Lugli
Dipartimento di Scienze Agrarie
Area scientifica Colture Arboree
Alma Mater Studiorum - Università di Bologna
Viale Giuseppe Fanin, 46
40127 Bologna (Italy)
Tel.: +39 051 2096413
Fax: +39 051 2096401
Cell.: +39 335 1798877
Skype: stefanolugli.unibo
Web: www.ciliegio.unibo.it

FreshPlaza è media partner dell'evento.

Dr Stefano Lugli -- alias "Mastro ciliegia" è Tecnico responsabile di II livello al Dipartimento di Scienze Agrarie dell'Università di Bologna. E' responsabile del progetto di miglioramento genetico ciliegio (CRPV-New Plant) e di altri progetti di sperimentazione su portinnesti, sistemi di impianto e coperture a livello locale (in collaborazione con la Fondazione di Vignola) o regionale (PSR Puglia e Lombardia; Salvi Vivai). Inoltre è costitutore delle varietà brevettate a livello europeo del ciliegio per la serie Star (di cui fanno parte 7 cultivar), della nuova serie Sweet (5 cultivar) e di Marysa, l'ultima nata in casa Alma Mater. Autore di 130 pubblicazioni tecniche e scientifiche. All'interno del Dipartimento di Scienze Agraria collabora con i gruppi di ricerca dei prof. Costa e Tartarini.