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I Millennials la pensano in maniera diversa sui brand rispetto alle generazioni precedenti

Alcuni studi mostrano che i bambini diventano molto consapevoli riguardo aimarchi in età molto precoce ed è proprio in quel momento che cominciano a formare le loro preferenze.

Un rapporto di Adroit digitale, stilato dal 21 al 27 gennaio 2014, rivela che circa il 64% dei Millennials - detta anche Generation Next o Net Generation o Generazione Y, cioè quella dei nati tra i primi anni 1980 e i primi anni 2000 - afferma di sentirsi più fedele a un brand di quanto lo fossero i propri genitori nei confronti dei loro marchi preferiti.

L'indagine, condotta su 2.000 consumatori americani di età 18-33, ha mostrato che il 40% degli intervistati è fedele al brand quanto i genitori e il 24% lo è di più. Poco meno di un terzo (31%) dice di sentirsi meno fedele dei propri genitori mentre per il 5% non fa alcuna differenza.

Nonostante le affinità con i propri parenti, la maggior parte dei Millennials (il 77%) dichiara di utilizzare un diverso sistema di criteri nella scelta dei marchi cui essere fidelizzati.



Nella scelta di nuovi marchi, la decisione viene influenzata principalmente dal valore o dal prezzo (62%). Anche i consigli da parte degli amici (55%) e la reputazione del brand (47%) risultano criteri importanti.

La generazione dei "Millennials" sarà probabilmente la chiave per eventuali futuri cambiamenti nella vendita al dettaglio. In fondo sono cresciuti a pane e tecnologia. Molto curiosi, "social" e avvezzi all'uso delle web tecnologie, i Millennials sono abituati a cercare informazioni online e non disdegnano l'interazione sui social media come scambio di esperienze. Il futuro, insomma, potrebbe comprendere punti vendita e marchi che favoriscano anche questo tipo di interazione (cfr. FreshPlaza del 02/09/2014).

Il settimanale Time ha provocato il suo pubblico con la copertina sulla "Me Me Me generation" (foto a lato), alludendo ai risultati di un'inchiesta sulla generazione dei "Millennials", dalla quale è risultato che questi si sentono dei veri e propri "brand" essi stessi e che la società, per loro, è un enorme mercato.

Misurano il successo a colpi di "followers", "friends" o "likes" anche se spesso le loro relazioni reali si arenano vivendo a casa con i genitori. Criticano il potere ma non sentono per niente il bisogno di rovesciarlo. Sono delle vere e proprie marche viventi.

Secondo il Time, tuttavia, l'eccesso di autostima e il narcisismo dei "Millennials" e gli incredibili sforzi per promuovere la loro identità-brand si scontra con un mercato che li considera ben poco e non permette loro grandi autonomie. E non è un problema dell'Italia che, si sa, valorizza poco i talenti: il fenomeno è planetario e, solo negli USA, tocca 80 milioni di giovani.

In effetti, guardando bene ai successi postati sui profili e alle lunghe liste di competenze certificate da Master e corsi non sempre seguono meriti economici rilevanti o di status. Tanto che molte banche ancora, almeno in Italia, chiedono alla generazione precedente di garantire per questi giovani. Sembra un paradosso, ma in realtà sono solo le leggi del sistema nel quale i "Millennials" hanno scelto di vivere: il mercato. Nel mercato, appunto, i brand devono fare i conti con le leggi della marca. E non bisogna essere esperti di marketing per sapere che la fortuna di un brand deriva dallo scontro di due fenomeni (cognitivi): da un lato l'energia cinetica prodotta dagli sforzi generati per mostrare una certa immagine al proprio pubblico e dall'altro la massa inerziale di un pubblico che si oppone al cambiamento di abitudini.

In una ricerca del 2013 del Boston Consulting Group è emerso che i Millennials avrebbero speso molto più delle altre generazioni nell'anno successivo per quanto riguarda frutta fresca, alimenti biologici, e prodotti naturali. Meno desiderabile, nelle loro menti, era l'idea di spendere in beni di lusso, bibite, applicazioni e borse.


Le categorie sono classificate per incremento netto. Fonte: Boston Consulting Group 2013 Global Consumer Sentiment Survey of U.S. Millennials'Saving and Spending Intentions.

Nel sondaggio effettuato sui leader del settore retail, quasi il 40% ha affermato che il problema numero 1 che si riscontra con i Millennials è la loro mancanza di fedeltà. Secondo le rilevazioni di Accenture, invece, la Generazione Y può essere un cliente eccezionalmente fedele, purché senta di essere stato trattato nel modo giusto.

I Millennials richiedono una shopping experience incentrata sul cliente, costruita su misura per i loro bisogni in qualità di stimati clienti. Molti cercano promozioni personalizzate e mirate e sconti quale segno di apprezzamento per la loro fedeltà. Si è riscontrato che oltre il 95% dei Millennials si aspetta di essere attivamente "corteggiato" dai propri marchi preferiti e afferma che i coupon inviati per email o spediti per posta hanno attualmente (o avranno, in futuro) una notevole influenza per loro. Altri canali, come gli SMS, influiscono sui comportamenti d'acquisto di poco più della metà di tutti gli intervistati.

Il network Initiative ha eseguito una ricerca su questo target di popolazione. Lo studio esplora come i Millennials vivono la propria vita post-recessione, ma soprattutto come si relazionano con i brand e il marketing attraverso le varie regioni del mondo. L'intervista include 10.000 ragazzi e ragazze attraverso 19 Paesi del mondo ed è volta a capire come questa generazione assume le decisioni importanti.

La ricerca ha concluso che le aspettative di vita di questa generazione sono continuamente resettate e riprogrammate durante gli anni, ma tre sono i tratti assolutamente comuni a tutti gli appartenenti a questo gruppo:
  1. i Millennials si adattano continuamente ai cambiamenti che vedono nel mondo;
  2. collaborano volentieri con gli altri attraverso la tecnologia;
  3. giudicano i brand in primis da quanto essi sono creativi ed innovativi.
Il 14% degli intervistati, infatti, ritiene che i brand debbano concentrarsi esclusivamente sul prodotto o servizio che commercializzano. Mentre, un dato interessante è che il 58% sostiene che i brand debbano anche assolvere una funzione sociale più ampia come supportare cause ed ideali in linea con la propria mission aziendale.

Questa percentuale è interessante soprattutto in termini di fedeltà al brand poiché il 53% degli intervistati sostiene che, quando un brand si occupa anche di cause sociali o sostiene attivamente delle battaglie come quella ambientalista, animalista o per i diritti civili, cresce la disponibilità alla fidelizzazione.

Elaborazione FreshPlaza su varie fonti