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Leonardo Odorizzi lancia una riflessione-provocazione al sistema delle OP

"Aggregare l'offerta? Non sempre garantisce il prezzo"

Aggregare l'offerta di frutta e verdura in Organizzazioni di produttori (OP) per fare massa critica e avere più potere contrattuale nei confronti della Grande distribuzione organizzata (Gdo). Su questo assunto dell'associazionismo europeo e nazionale - un cardine dell'Ocm ortofrutticola - Leonardo Odorizzi, dell'omonima azienda frutticola di Bussolengo (VR), avanza qualche dubbio. Che FreshPlaza gira ai propri lettori per aprire un dibattito.

"Da oltre un ventennio - dice Odorizzi - l'aggregazione dell'offerta viene indicata come unica via di salvezza per sottrarsi allo strapotere della grande distribuzione. Ma l'andamento dei mercati di questi ultimi anni, sia nel settore del trasformato sia in quello del fresco, sta dimostrando che, forse, non è questa la strada giusta".

Dal 1952 l'azienda Odorizzi si occupa di produzioni frutticole destinate alla trasformazione agroindustriale: mele, pesche, pere e altri prodotti minori, nelle tipologie biologico, baby food e convenzionale. A seconda delle annate, il volume totale trattato varia da 40.000 a 75.000 ton.



"Anche in questi mesi - continua Odorizzi - siamo costretti a svendere mele e pere per pochi soldi. E questi frutti - le mele in Trentino Alto Adige e le pere in Emilia- Romagna - rappresentano i due comparti produttivi dove l'aggregazione appare maggiormente attiva. Ma lo stesso accade per pesche, radicchi, insalate: pagati pochi centesimi al chilo a chi li produce".

"Alla domanda Cosa si può fare? gli esperti rispondono sempre allo stesso modo: aggregare l'offerta. Aggregazione promossa anche dalla politica europea, la quale eroga contributi proprio ai produttori che entrano a far parte delle varie OP o AOP".

"Ma l'aggregazione - obietta Odorizzi - ha ottenuto il solo risultato di concentrare grosse quantità di frutta e verdura, pronte per essere acquistate dalla Grande distribuzione che, a quel punto, è la sola in grado anche di ritirarle e smaltirle. Al prezzo che però ritiene più vantaggioso, nel proprio esclusivo interesse economico; forte del fatto che, trattandosi di prodotti deperibili, essi devono essere per forza venduti, ma non necessariamente comprati. Non si parla mai di prezzo minimo o di costo di produzione".

Secondo Odorizzi, invece, la disaggregazione del prodotto obbligherebbe la Gdo a darsi molto da fare per recuperare gli ingenti quantitativi di cui ha bisogno giornalmente, con il risultato che, probabilmente, dovrebbe pagare di più: "Aggregare potrebbe dare risultati a chi vende, solo se quest'ultimo diventa più forte di chi acquista, altrimenti si ottiene solo di rendere ancora più vulnerabile chi vende".

"I prossimi anni - sostiene Odorizzi - saranno determinanti per l'agroindustria italiana che, se non riesce a remunerare giustamente i propri produttori, sarà destinata a soccombere molto velocemente".