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Il biologico italiano e' sotto controllo: FederBio risponde all'articolo dell'Espresso sulle truffe alimentari

Il biologico italiano è leader a livello mondiale per qualità dei prodotti, fatturato e numero di aziende agricole e occupati. Significa 43.815 aziende agricole che non diffondono nell'ambiente nemmeno un grammo di sostanze chimiche di sintesi, 5.597 aziende di trasformazione che non conoscono coloranti, conservanti, esaltatori di sapidità, edulcoranti e altri additivi, significa circa 200.000 occupati, con un fatturato di 2,1 miliardi di euro sul mercato domestico e 1,2 sui mercati esteri.

L'articolo "Falso bio, un milione di truffe" traccia uno scenario molto lontano dalla realtà del comparto del bio. Innanzitutto va sottolineato che nel corso del 2012, 47.836 aziende biologiche sono state oggetto di 62.239 visite ispettive, 14.403 in più di quelle imposte dalla normativa europea (i dati provengono dagli organismi di certificazione associati a FederBio, la federazione unitaria interprofessionale del settore, e sono riferiti al 96,23% delle aziende biologiche in Italia).

Sono stati prelevati 5.675 campioni (sia in campo che in magazzino e punti vendita) da sottoporre ad analisi, un'operazione ancora non richiesta dalle normative europee. Ogni azienda è sottoposta alle ispezioni di un organismo nazionale di controllo accreditato da Accredia in base alla norma internazionale ISO65, espressamente autorizzato dal ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali dopo un’istruttoria che ne abbia accertato competenza, terzietà, indipendenza e dotazione di strutture professionali e tecniche; gli organismi nazionali di controllo sono assoggettati al coordinamento del ministero delle Politiche agricole e sono vigilati dalle Regioni.

I controlli specifici esercitati da questi organismi non si sostituiscono, bensì si aggiungono a quelli standard delle diverse autorità di vigilanza (Nas, ICQRF, NAC, Corpo forestale dello Stato, Asl ecc.): il settore biologico è in assoluto quello sottoposto a più controlli dell’intero comparto agro-alimentare europeo e italiano.

Negli ultimi 8 anni le vendite di prodotti biologici sono in forte crescita (solo nella grande distribuzione sono aumentate dell’11,7% nel 2010, del 9,2% nel 2011, del 7,3% nel 2012 e dell'8.8% nel primo quadrimestre 2013; andamenti ancora più brillanti si registrano nel canale dei 1.200 negozi specializzati e in quello delle vendite dirette degli agricoltori, dei gruppi d’acquisto ecc.).

In un quadro generale di crisi dei consumi, non ci si può stupire dal fatto che operatori scorretti siano tentati di cogliere le opportunità di un settore in salute. Ma, appunto, il settore conta su un sistema di controllo, il cui scopo è di individuare e bloccare i tentativi di frode, ed è quello che fa. L’articolo, infatti, omette di informare che i sequestri disposti dalle autorità giudiziarie e attuati dalle forze dell’ordine derivano dalle segnalazioni del sistema di controllo (in assoluta prevalenza su prodotto di origine estera, per il quale le disposizioni vigenti impongono analisi su ogni lotto in entrata, prima dello sdoganamento).

Il nostro ordinamento non concede poteri di polizia giudiziaria agli organismi di controllo: individuate situazioni di non conformità, sono tenuti a vietare all’operatore la commercializzazione del prodotto e a segnalare il fatto all’autorità competente; è a questa che compete disporre i sequestri. Ed è, né più né meno, quello che è accaduto nel caso delle granaglie che operatori maltesi avevano proposto a mangimifici italiani: FederBio aveva segnalato da tempo al ministero delle Politiche agricole i propri documentati sospetti su triangolazioni via Malta, ed è stato da tale segnalazione che è seguita l’indagine che ha confermato la non conformità del prodotto e la fondatezza del sospetto. La federazione aveva inoltre subito allertato tutte le imprese del suo sistema associativo, che erano tenute a non acquistare prodotto importato via Malta senza averlo sottoposto ad analisi e senza aver ottenuto conferma della regolarità dei documenti di certificazione da parte delle autorità estere che li avevano emessi. In sostanza, il prodotto a rischio non poteva essere immesso sul mercato e il suo unico, inevitabile destino era il sequestro in dogana, così com’è accaduto.

Del tutto analogo il caso del carico di soia da mangimi contaminato da clormequat che un operatore estero tentava di introdurre sul mercato italiano: il principio attivo è stato individuato dall’organismo di controllo nelle analisi prima dello sdoganamento, con immediata segnalazione all’autorità competente e conseguenti indagine e sequestro.

E' bene ricordare che il sistema di controllo vede come attori strutture private (gli organismi di controllo, ma anche le aziende, che provvedono alle verifiche dei fornitori e dei lotti di prodotto acquistato) e pubbliche (ministero e Regioni), che gli organismi son tenuti a informare per le iniziative di loro esclusiva competenza.

In sostanza, se le forze dell’ordine sequestrano prodotto su indicazione dell’autorità informata di irregolarità dagli organismi di controllo, non si può certo accusare questi ultimi di omissioni: hanno svolto (ed egregiamente, parrebbe di poter dire) il compito loro attribuito dall'ordinamento europeo.

Per migliorare sempre più l’efficacia e la tempestività del controllo e per isolare al loro affacciarsi i tentativi di "inquinare" il mercato, inoltre, imprese e organismi di controllo si sono dotate di innovativi strumenti volontari come protocolli d’intesa che coinvolgono tutti gli attori della filiera e piattaforme informatiche il cui funzionamento autorità pubbliche, organismi di controllo e organizzazioni di imprese ci chiamano a presentare all’estero (da ultimo due settimane fa all’Anuga di Colonia, la manifestazione leader a livello mondiale nel settore Food & Beverage).

Il quadro che emerge dall’articolo in questione è quello di un settore contraddistinto da opacità e aree grigie che non gli appartengono, causando immotivato danno a decine di migliaia di imprese e centinaia di migliaia di addetti (e disorientando milioni di consumatori). L’articolo fa riferimento, con enfasi, a un sequestro a Roma di 2.000 confezioni proposte in e-commerce ("c’era di tutto: dalle tisane alle salse di pomodoro passando per gli integratori alimentari") che, senza ulteriori dettagli, non riusciamo a identificare. Il canale e-commerce per gli acquisti viene utilizzato solo dal consumatore finale (nessuna impresa acquista on line prodotti, per i vincoli imposti in materia di certificazione e analisi). A monte delle vendite on line i prodotti sono controllati quanto quelli venduti nei canali della GDO e specializzato.

Detto ciò, va tenuto presente che 2.000 confezioni di prodotti scompaiono a fronte di 125 milioni di uova biologiche, 16 milioni di litri di latte biologico, 12 milioni di pacchetti di pasta biologica e 5 milioni e mezzo di pacchetti di farina di frumento biologico acquistati l'anno scorso dai consumatori italiani nella sola grande distribuzione, esclusi il canale dei negozi specializzati, le vendite dirette delle aziende agricole e la ristorazione.

In riferimento al miele citato nell’articolo, il comunicato emesso dal Corpo forestale dello Stato informa che le tracce di sostanze utilizzate per la produzione dei fogli cerei riscontrate dalle analisi su alcuni campioni di miele biologico erano entro i limiti previsti dalla vigente normativa, qualificando il prodotto come del tutto regolare.
Data di pubblicazione: