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Mario Abrate (Fedagri Confcooperative Piemonte):

La sfida del comparto: non una nuova agricoltura, ma un'agricoltura nuova

E' l'agricoltura l’unico settore dell’economia interna che l’Istat descrive in crescita: +1,1%, con un incremento di assunzioni del 3,6%, a fronte di un -5,8% per l’industria e di un -1,1% per i servizi.

Il diverso clima sociale che ruota intorno all’agricoltura come stile di vita più sano e a contatto con la natura - riconducibile all’ondata della green economy e della cosiddetta decrescita felice - ha inevitabilmente riconosciuto il valore della terra come alleato della realizzazione professionale della persona.

Le professioni legate al settore primario vanno sempre più a catalizzare la voglia di fare impresa degli under 35 che, solo nell’ultimo anno, è aumentata del 4%. Inventarsi imprenditori agricoli tuttavia non è facile, soprattutto se si parte da zero, senza subentro a una tradizione familiare, o generazionale. Logiche di mercato, rete di vendita e profitto, business-plan e conduzione aziendale non si intuiscono, tantomeno si acquisiscono in formula all-inclusive con le autorizzazioni fiscali.

FreshPlaza ne parla con il presidente di Fedagri Confcooperative Piemonte, Mario Abrate (nella foto sotto), che commenta: "Oggi l’agricoltura richiede una formazione imprenditoriale improntata alla multidisciplinarietà in quanto l’impresa, per rimanere sul mercato, deve saper rispondere alle diverse istanze provenienti dal mondo dei consumatori, che non si limitano più alla sola domanda di beni, ma antepongono un’aspettativa legata ai servizi. Di suo, la diversificazione aziendale promuove iniziative volte a fare sistema, cioè ad aggregare in un prodotto-pacchetto una serie di benefici capaci di marchiare il suo plus-valore nella relazione con il mercato. In tal senso, la cooperazione si propone come un modello di aggregazione efficiente, utile a superare le solitudini imprenditoriali, ormai recidive nei confronti del mercato sempre più globalizzato."



L’impresa è altresì la parola chiave del futuro della politica agricoltura europea, fortemente sollecitata a "ridefinire il proprio mestiere" di fronte al quadro di competizione internazionale e ai nuovi prodotti e servizi richiesti dal mercato.

"Come amo ripetere a mo' di slogan in questi casi – continua Abrate - non abbiamo bisogno di una nuova Politica agricola comunitaria (Pac), ma di una Pac nuova, che sappia cioè rimettere in discussione il disegno globale dell’agricoltura tradizionale per riposizionare il suo valore e, di conseguenza, il protagonismo non di nuovi agricoltori, ma di agricoltori nuovi. E mi riferisco a un valore che non risiede più nel prodotto agricolo grezzo e standardizzato, ma nelle tante qualità consentite dal progresso tecnico, moltiplicate dalla ricerca scientifica, responsabilizzate da un approccio sostenibile, accompagnate da azioni di marketing legate al territorio."

Quella indicata dal leader piemontese di Fedagri è dunque una migrazione del valore (nella percezione del consumatore) dalla quantità ai servizi, in cui è racchiuso anche un concetto polivalente di qualità, in cui va a rispecchiarsi quella stessa multifunzionalità dell’agricoltura del domani, legata cioè alla produzione di beni e servizi di interesse collettivo relativi alla salute, all’ambiente, al paesaggio, alla cura dell’equilibrio idro-geologico e così via.

"E’ qui che si gioca l’obiettivo di un autentico sviluppo rurale – prosegue Abrate – ampliando in modo considerevole il campo di iniziativa degli imprenditori agricoli, a partire proprio dal modello tradizionale, che la ricerca di un valore nuovo spinge a diversificare in tre fondamentali direzioni: l’approfondimento, l’allargamento e il riposizionamento. L’approfondimento comprende tutte le innovazioni di prodotto o di processo finalizzate alla riorganizzazione della produzione in forme integrate e più complesse; l’allargamento riguarda tutte quelle attività create per rispondere a nuovi bisogni di mercato, come pure per fornire servizi di interesse collettivo (tipico della cooperazione); il riposizionamento, infine, raggruppa tutte le attività esterne a quella agricola, ma integrate e complementari nell’ambito della comunità rurale, allo scopo di fornire occasioni di impiego ai fattori di produzione e opportunità di reddito integrative per l’agricoltore, la sua famiglia e il suo territorio."

"Costruire una squadra, un progetto, - conclude Mario Abrate - è fondamentale in questo campo. Il futuro delle giovani aziende si gioca su un mix di competenze che permettano di gestire a tutto tondo la catena del valore, puntando in particolare ad accorciare le distanze con il consumatore, facendo rete con il comparto agricolo di riferimento e creando partnership di progetto con il comparto distributivo. Da cooperatore, poi, non posso omettere che la forma cooperativa rimane la scelta di campo irrinunciabile, perché l’unica capace di portare sussidiarietà tra i vari anelli della filiera agroalimentare, mantenendo il valore della persona al centro di ciascuno."