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Epidemia e crisi da Escherichia Coli: l’analisi di Freshfel Europe

Si è svolta a Londra dal 14 al 16 giugno 2011 la Fresh Convenience Conference. Qui Freshfel Europa, nella persona del policy adviser Frédéric Rosseneu, ha presentato una relazione sul recente caso E. coli, partendo dal riconoscimento della debolezza dell'organizzazione federale che ha contraddistinto la risposta tedesca alla crisi e dal ruolo degli studi epidemiologici nella questione.

La cronistoria della crisi ha visto susseguirsi dapprima consigli a non consumare insalate, pomodori, cetrioli, poi la circoscrizione del problema ad una limitata regione nel nord della Germania, infine, dopo tardive indicazioni sui germogli di soia come vettore del batterio, la successiva rimozione, in data 10 giugno 2011, dei pareri negativi al consumo di verdure.

I monitoraggi per i ceppi di E. coli sono aumentati in tutta l'Unione europea, ma richiedono lunghi tempi di esecuzione (3-5 giorni). È come cercare un ago in un pagliaio, afferma Frédéric Rosseneu di Freshfel, visto che 7.500 campioni sono risultati negativi e anche quello sui cetrioli spagnoli era un falso allarme. Le analisi sui germogli di legumi tedeschi sono invece risultate positive, cioè hanno rilevato la presenza del batterio killer.


Distribuzione dei focolai di origine alimentare nell'UE. Fonte: rapporto dell'EFSA sulle zoonosi e delle epidemie di origine alimentare (2009). Si noti come ben un 22,1% dei casi di contaminazione sia rimasta di origine sconosciuta, mentre i casi che hanno interessato frutta e ortaggi sono limitati a meno del 5% sul totale.

L'impatto sul commercio ortofrutticolo è stato a dir poco devastante: gli allarmi delle autorità tedesche hanno determinato un crollo delle vendite delle verdure e il falso allarme sui cetrioli spagnoli ha ricevuto una copertura mediatica in tutta Europa. Le vendite sono state danneggiate anche negli altri Stati membri dell'UE e persino nei paesi terzi. I prodotti spagnoli hanno subito danni enormi, non solo le verdure ma anche le patate e la frutta.

Il fatturato settimanale del settore orticolo nell’Unione europea è di circa 1 miliardo di euro. Le ultime indicazioni parlano di oltre 600 milioni di euro di danni, senza contare i costi aggiunti per affrontare test di laboratorio, spese di trasporto, gestione dei surplus, ecc.

Le vendite sembrano ora aver iniziato un lento recupero, ma la fiducia del consumatore rimane ancora scossa.


Nel grafico in alto, le risposte spontanee dei consumatori europei a quali siano i principali rischi e problemi collegati al cibo. Fonte: Eurobarometro sui rischi legati all'alimentazione (2010
). La contaminazione del cibo viene menzionata dal 12% dei rispondenti, mentre al primo posto nella mente del consumatore (19% delle risposte) figurano prodotti chimici, pesticidi e sostanze tossiche. Clicca qui per un ingrandimento del grafico.

Anche se all'interno dell’Unione europea non esistono barriere commerciali, tuttavia le comunicazioni sono avvenute in maniera errata. Per quanto riguarda i paesi terzi, la Russia ha vietato l’importazione di ortaggi europei, così come sono stati stabiliti divieti di importazione in Kuwait, Libano, Qatar, Emirati Arabi Uniti. Canada, Kazakistan, Kuwait, Corea del Sud, Taiwan, Stati Uniti hanno invece preferito incrementare le azioni di controllo e monitoraggio. La revoca o la riduzione progressiva di tali misure sta avvenendo di pari passo alle nuove notizie in merito alla conferma della fonte di contagio.

Alla luce di questi fatti, Freshfel Europe ha stilato alcune considerazioni. Innanzitutto siamo di fronte a una crisi senza precedenti, sia per le autorità sanitarie pubbliche che per il settore ortofrutticolo professionale. La gestione delle crisi e l’autorevolezza delle comunicazioni sono due sistemi da ripensare completamente: hanno infatti causato gravi danni collaterali, in parte evitabili.

Appare, infine, evidente la necessità di fornire educazione e consapevolezza ai consumatori, soprattutto in casi, come questo, di intossicazione alimentare. Deve essere chiaro a tutti che il rischio zero non esiste, proprio come non può darsi un residuo zero.