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Il WTO contro il divieto generalizzato delle coltivazioni OGM

L'Organizzazione mondiale del commercio (WTO) ha dichiarato che il divieto generalizzato delle colture geneticamente modificate (OGM) costituisce una barriera commerciale sleale, perché non vi è alcuna base scientifica per la loro esclusione. Il WTO ha anche richiamato direttamente L’Unione Europea, ma per ora senza esito.

E' vero che un numero ridotto ma crescente di paesi europei, compresa la Spagna, il Portogallo e la Germania, ora consentono alcune coltivazione di colture geneticamente modificate. Ma solo due di sementi geneticamente modificate (MON810 e il seme della patata Amflora) su decine disponibili sul mercato globale ce l’hanno fatta a superare il laborioso processo di approvazione della Commissione europea, un prerequisito per l’uso.

Per di più, alcune zone d’Europa si sono dichiarate "zone libere da OGM" o esenti da organismi geneticamente modificati. Francia, Austria e Germania ritengono che potrebbe danneggiare le colture locali.

In Italia, il processo di approvazione è a dir poco kafkiano, con un Ministero dell’Agricoltura che non ha mai stabilito i requisiti, cosa che rende le colture geneticamente modificate ancora impossibili da utilizzare. Anche se la scienza non ha mai espresso certezze al riguardo, vi è una convinzione diffusa in Italia che i cibi geneticamente modificati e le colture presentano pericoli per la salute umana e degli ecosistemi.

Ai posteri l'ardua sentenza.