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Identikit del carciofo di Puglia

Agrimed, salone delle risorse agroalimentari della Fiera del Levante, ha aperto i suoi spazi culturali e formativi a favore dei consumatori del carciofo, la coltura che in Puglia è stata lungamente presente in forma oasistica (intorno ai pozzi aziendali) e che dal settecento in poi ha cominciato a estendersi in pieno campo.

Fra le tante varietà in passato sperimentate è stata quella catanese a "pugliesizzare il carciofo" ovvero a legare la coltura al territorio regionale e a elevarla a dignità di prodotto per i consumi alimentari e per le conseguenti attività economico-commerciali.

Nel corso del seminario di studio, Vito Bianco – già preside della Facoltà di Agraria dell’Università di Bari - ha tra l’altro precisato che la Puglia, oggi, vanta circa 17.000 ettari di carciofi in coltura altamente specializzata, pari al 35% dei 50.000 ettari coltivati nelle varie regioni del nostro Paese. La produzione regionale annua ammonta a circa 174.000 tonnellate che, per qualità e quantità, contendono il primato nazionale alla Sicilia.

Il prof. Bianco, dopo aver illustrato le epoche dell’affermazione del carciofo anzitutto negli agri di Trinitapoli, di San Ferdinando, di Mola di Bari, di Brindisi e di Ostuni è passato a illustrare i poteri alimentari e le virtù terapeutiche del carciofo. I carciofi migliori – ha detto - ovvero più ricchi di elementi benefici per l’organismo umano, sono quelli dei primi tagli (in marzo) ed ha assicurato che i capolini dei primi tagli contengono più antiossidanti (polifenoli e flavonoidi), l’inulina che, nell’intestino, concorre a uccidere i batteri cattivi abbassano il tasso di colesterolo nel sangue.

La consapevolezza da parte del consumatore di queste virtù terapeutiche – ha concluso Bianco - fa aumentare sempre più la domanda di carciofi in Italia e all’estero.
Data di pubblicazione: