Nella trasmissione televisiva Report, trasmessa ieri domenica 30 novembre 2008, è stata presentata un'indagine relativa all'impiego degli agrofarmaci in agricoltura, al loro impatto sulla salute umana e alle conseguenze per l'habitat, con particolare attenzione alla possibile correlazione tra l'uso di sostanze chimiche come i neonicotinoidi e il fenomeno della moria delle api.
Il quadro tracciato dall'inchiesta ha messo in luce che, sebbene l'impiego di alcune sostanze come zolfo e rame si sia drasticamente ridotto nel corso degli ultimi anni, altri principi attivi hanno visto una crescita esponenziale, in risposta ad un maggiore affaticamento dei terreni, spesso esauriti da pratiche agronomiche troppo intensive (come l'assenza di rotazione tra le colture) e per il contrasto di alcune fitopatologie.
Sotto esame è stata anche posta la questione della presenza di residui multipli di pesticidi in alcuni campioni di frutta e verdura. Se è vero infatti che ogni singolo residuo individuato non supera la soglia massima ammissibile, gli effetti a lungo termine sulla salute umana derivanti da un "cocktail" di tali sostanze non sono ancora del tutto noti e il principio di precauzione consiglia di evitare che alcuni soggetti, come i bambini, vi vengano esposti.
La trasmissione ha dunque proposto alcuni esempi di produzioni bio come possibili risposte all'agricoltura di stampo convenzionale. Ma cosa si colloca oggi nella distanza che separa il metodo produttivo convenzionale da quello biologico?
Non si deve dimenticare infatti che una terza via è non solo possibile, ma attualmente praticata: si tratta della Produzione Integrata, che risulta perfettamente compatibile sia con le istanze della sicurezza alimentare sia con quelle della sostenibilità ambientale. Tale standard permette di contenere al minimo i trattamenti chimici richiesti dalle esigenze di produzione commerciale dei prodotti ortofrutticoli.
Un capitolo a parte meriterebbero inoltre gli avanzamenti scientifici nel campo della selezione di nuove varietà vegetali, che propongono cultivars migliorate in termini di resistenza a determinate fitopatologie, con ciò contribuendo a ridurre l'impiego di sostanze chimiche di contrasto. In prospettiva, poi, un uso sapiente ed "etico" degli OGM (Organismi Geneticamente Modificati) in agricoltura, fino ad oggi solo demonizzato, potrebbe condurre ad ulteriori progressi nella produzione di alimenti sani, non trattati e possibilmente ancora più ricchi dal punto di vista nutrizionale.
In conclusione, la salute di milioni di persone sembra essere messa a repentaglio da abitudini bendiverse dal consumo di frutta e verdura: diete povere di variazione negli alimenti, cibi spazzatura, per nonparlare di fumo, alcolici e droghe costituiscono cause di mortalitàdotate di enorme incidenza statistica, mentre la stessa AutoritàEuropea sulla Sicurezza Alimentare (Efsa) ha concluso che consumareortofrutta è consigliabile in ogni caso, pur in presenza di nitrati (vedi anche articolo correlato).
La strada che va dall'agricoltura convenzionale a quella bio è dunque molto più lunga e articolata di una semplice dicotomia: bisognerebbe tenerne conto quando si affrontano questi temi.


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Un commento sulla trasmissione Report di domenica 30 novembre
Agricoltura e chimica: cosa c'e' nella distanza che separa la produzione convenzionale da quella bio?
Data di pubblicazione:
Author:
Rossella Gigli
©
FreshPlaza.it
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