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Conserve Italia sceglie CMi Italy per la certificazione IFS e BRC



Il colosso cooperativo dell’ortofrutta trasformata, Conserve Italia, ha scelto CMi Italy per la certificazione IFS e BRC.

Otto stabilimenti in Italia, tre in Francia e uno in Spagna: Conserve Italia, primo gruppo cooperativo italiano dell’industria di lavorazione della frutta e degli ortaggi, è presente con i suoi numerosi marchi nelle più importanti catene distributive europee.

Gli stabilimenti Conserve Italia sono certificati secondo gli standard BRC e IFS in buona parte da NSF-CMi, ente inglese accreditato UKAS e con sedi operative in tutto il mondo.

Qui di seguito, una breve intervista con Giorgio Marchetti, Responsabile Gestione del Sistema Qualità di Conserve Italia

Come racconta Giorgio Marchetti"Conservo ancora per ricordo la prima versione del BRC, lo standard proposto dagli inglesi. Abbiamo aderito subito all’idea di servirci di uno strumento unico ed efficace per garantire la sicurezza dei prodotti. Dal 2004 i nostri stabilimenti sono anche certificati IFS; Conserve Italia nel tempo ha avuto modo di valutare l’efficacia e l’utilità dello strumento certificazione e di scegliere il partner per condividere il percorso".

Quali sono a suo avviso i vantaggi apportati dalla certificazione IFS?

"In verità all’inizio ritenevo che l’IFS fosse semplicemente un effetto della contrapposizione commerciale tra gli inglesi e i francesi e tedeschi. Ed effettivamente nella prima versione dell’IFS i requisiti erano praticamente uguali, addirittura c’erano frasi identiche. Poi col tempo c’è stata una certa differenziazione, per cui alcuni requisiti sono più rigorosi nell’IFS altri meno. Anche la gestione delle non conformità esprime posizioni differenti: l’IFS prevede che in caso di non conformità si debba inviare entro 14 giorni la pianificazione degli interventi da adottare per adeguarsi, e che i risultati ottenuti siano verificati nell’audit successivo".

"Il BRC, in situazione analoga, raddoppia il lasso di tempo consentito, però dopo 28 giorni l’azienda deve inviare già le evidenze che dimostrino di avere sopperito adeguatamente alla non conformità rilevata. Quello che conta, al di là delle differenze tra uno standard e l’altro, è l’atteggiamento nei confronti della certificazione in quanto tale".

"Noi condividiamo l’idea stessa che sta alla base di queste certificazioni: stimolare a migliorarsi, visto che è fondamentale per un’azienda alimentare minimizzare il rischio. Gli audit di parte terza sono strumenti importanti per riflettere sulla propria organizzazione, focalizzarsi su aspetti che potrebbero, nella operatività quotidiana, non essere opportunamente valorizzati. Se le si considera opportunità anziché puri e semplici obblighi, le certificazioni sono strumenti per la crescita".

Come ha visto l’evoluzione nel tempo di questi processi?

"Oltre che certificazioni di prodotto si tratta di certificazioni che stimolano le aziende ad adottare un approccio trasversale al tema della qualità e ad organizzarsi di conseguenza. Col tempo si sono aggiunti nuovi elementi, ad esempio l’attenzione verso la contaminazione da OGM e allergeni. Tutto quanto collegato con la sicurezza alimentare si amplia e si approfondisce nel tempo e gli standard non fanno che trasformare in prescrizioni operative le nuove esigenze che via via si manifestano nel mondo dell’agroalimentare".

Avete scelto NSF-CMI come ente di certificazione. Come è avvenuta questa scelta?

"Avevamo scelto fin dall’inizio l’inglese CMI, e fino a quattro anni fa i valutatori venivano dalla Gran Bretagna a condurre gli audit. Quando CMI ha aperto la sua filiale italiana siamo stati contenti, perché sono state abbattute le barriere… linguistiche, nel senso che nel corso degli audit è stato possibile coinvolgere anche il personale che non parlava l’inglese. E abbiamo trovato che gli italiani erano altrettanto ben preparati".

"L’organizzazione è molto buona, il personale della sede disponibile, in grado di rispondere rapidamente. Efficiente, insomma. In più, non ci sono differenze fra la certificazione di Conserve Italia e quella della nostra società controllata Conserves France. Anche in Francia si servivano già di CMI. Un aspetto importante di CMI Italy è l’attenzione alla formazione degli operatori del settore agroalimentare. L’approccio è quello giusto: potenziare le competenze tramite iniziative di formazione aiuta l’azienda a migliorarsi e a rendere stabile e solida l’organizzazione per la Qualità".

"Tanto che, riflettendoci bene, è possibile che Conserve Italia aderisca in futuro, senza particolari problemi, alla proposta prevista nel nuovo BRC, di dare la disponibilità a visite non annunciate, se questo consentirà di ottenere maggiore visibilità e apprezzamento concreto da parte dei Clienti europei".
Data di pubblicazione: