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Emilia-Romagna: in crisi la capacita' di attrarre investimenti esteri nel settore agroalimentare

Secondo uno studio condotto dall'Università di Bologna è emersa una notevole riduzione dei flussi di investimenti diretti esteri (IDE) in entrata nella regione Emilia-Romagna nel settore agroalimentare. I dati mostrano un calo degli investimenti da 534.474 milioni euro del 2001 ai 49.700 milioni euro del 2007.

Lo studio ha condotto all'elaborazione di un modello econometrico che mette in relazione l'entità dei flussi di IDE negli anni di riferimento con una serie di parametri legati alla ricerca di risorse produttive delle imprese (forza lavoro e materie prime), al mercato di sbocco dei prodotti e dei servizi, all'efficienza operativa dell'azienda sul territorio (dotazione di reti telematiche e di comunicazione e presenza di servizi) e dai collegamenti strutturali con le altre Regioni d'Italia e d'Europa.

Da questo modello è emerso che il fattore efficienza di un sistema territoriale, cioè la capacità di garantire servizi ed infrastrutture di mercato per l'attività di impresa ha un ruolo fondamentale sui processi decisionali delle imprese estere.

In un contesto europeo dove le imprese hanno obiettivi di mercato e di penetrazione commerciale piuttosto che di riduzione di costi, diventa fondamentale la presenza di condizioni economiche favorevoli che permettano il rapido inserimento e operatività dell'impresa. Inoltre rivestono particolare importanza i collegamenti (terrestri, aerei e marittimi) e le relazioni economiche (in termini di import ed export) con il mercato potenziale di sbocco.

L'efficienza di un contesto economico può essere misurata non solo dalla presenza di infrastrutture economiche e sociali, ma soprattutto dal livello dei servizi presenti e offerti. Un indicatore che ha ottenuto una rilevanza significativa nell'analisi è risultato infatti la presenza sul territorio di imprese di servizi ad alto grado di innovazione capaci di creare valore aggiunto alle imprese estere agroalimentari. Ciò che è emerso indica che il miglioramento di questo indicatore potrebbe apportare sia al territorio che alle imprese presenti, benefici sostanziali in termini di competitività, in un mercato italiano maturo e ormai saturo. Dall'altra parte, fattori tradizionali come la popolazione, indice di entità del mercato interno non ha più rilevanza determinante.

Attraverso le strutture di collegamento, fisiche e telematiche, è possibile raggiungere con facilità il consumatore di riferimento. Quindi quello che porta a considerare un territorio piuttosto che un altro sono i fattori legati all'efficienza operativa utili ad una riduzione dei costi di transazione, cioè di accesso al mercato (costi sociali, di organizzazione, amministrativi etc.).

Questi risultati confermano la tesi che la competizione avviene per sistemi territoriali. Di conseguenza, le strategie devono essere territoriali. In tal senso, il sistema di accesso all'innovazione così come il rapporto banca-impresa non sono strumenti solo di sviluppo delle piccole e medie imprese locali ma rappresentano fattori chiave anche per l'attrazione di investimenti.

Occorre creare le condizioni per cui l'imprenditore possa limitarsi ad apportare il solo momento organizzativo (impresa) piuttosto che mettersi a strutturare l'intera azienda (investimento "greenfield"). Il ruolo di agenzia di sviluppo deve essere perciò mirato a fornire servizi con supporto pre e post insediamento, cioè "azienda chiave in mano".