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Vincenzo Borelli, senior manager, P.F.C. International Services LTD

IVA post Brexit: nuovi metodi di contabilizzazione

Dal 1° gennaio 2021, il Regno Unito ha abbandonato il mercato unico e l’unione doganale, mettendoci di fronte a nuove procedure doganali e fiscali che interessano Inghilterra, Scozia e Galles, e in maniera diversa, l’Irlanda del Nord, che "è rimasta ancora con un piede nell'Unione europea".

"Quando parliamo di import-export di beni tra Ue e UK, dobbiamo considerare nuovi metodi di contabilizzazione dell'IVA, nonostante il governo britannico abbia cercato di trovare tutta una serie di misure per alleggerire il carico amministrativo da un punto di vista doganale e per ridurre l’impatto sui flussi di cassa delle aziende coinvolte", ha dichiarato Vincenzo Borelli (nella foto sotto), senior manager P.F.C. International Services LTD, durante un webinar dedicato all'analisi degli effetti della Brexit sugli scambi internazionali, organizzato da ARcom formazione.

"Oggi, le aziende devono programmare in anticipo, quando si affacciano sul mercato britannico, iniziando a cercare nuove figure prima non necessarie, quali doganalisti, broker e trasportatori, ed esperti del settore fiscale per gestire l'IVA all'importazione. Essendoci delle barriere doganali, il Regno Unito considera gli stati Ue alla stessa stregua di Paesi extra-Ue, come Cina, Stati Uniti e India. La merce che arriva in UK, quindi, sarà soggetta a livelli (quote) di importazione".

Secondo Borelli, la prima considerazione da fare al riguardo è la valutazione dei termini contrattuali dell’esportazione verso il cliente inglese. "Ciò ci permette di capire i termini di spedizione e chi sia il responsabile della fase di importazione su territorio inglese. E' un elemento discriminante e comporta diverse implicazioni. Ad esempio, in un contratto dove la spedizione è Ex Works, sarà il cliente inglese a preoccuparsi di sbrigare tutte le procedure doganali e tutti gli obblighi IVA. Al contrario, in contratti con spedizioni DAP (delivery at place) e DDP (delivered duty paid), la responsabilità ricade sulle aziende estere (anche Ue e italiane quindi, ndr) che esportano i beni".

Un'azienda italiana, per esempio, deve perciò considerare che: saranno previste delle procedure doganali da espletare; ci sarà l’IVA all’importazione da pagare; bisognerà verificare i codici tariffari per le merci in scambio; sarà necessario dotarsi di un numero EORI inglese; sarà bene valutare l’apertura di una posizione fiscale in Regno Unito.

Normativa IVA
I beni vengono suddivisi in due categorie: merci con un valore inferiore o superiore alle 135mila sterline. Per quanto concerne le aziende che si occupano di e-commerce o vendite online, Borelli ha spiegato: "Per spedizioni di beni che non superano le 135mila sterline - e che si trovano al momento della vendita fuori dal Regno Unito, dove non è presente un marketplace, e le vendite sono effettuate a soggetti non dotati di Partita IVA, come un consumatore finale - la normativa prevede che il tax point dell’IVA sia calcolato al momento della vendita e non dell’importazione".

"L'azienda estera che venderà il proprio prodotto dovrà fare in modo di avere un sistema informatico, che applichi già l’IVA inglese al momento della vendita. All’interno di questa casistica, rientra anche il concetto di marketplace, ovvero un facilitatore tra il venditore e il consumatore finale. Secondo la normativa, infatti, in presenza di un marketplace, sarà quest’ultimo a essere responsabile per la riscossione e contabilizzazione dell’IVA".

"Per i beni con valore superiore alle 135mila sterline, si applicheranno le normali regole IVA e doganali. L’azienda esportatrice, responsabile della fase di importazione, sarà tenuta a valutare l’eventuale registrazione IVA in Regno Unito. Non vi è un obbligo automatico, ma è consigliabile aprire una posizione fiscale in UK per due motivi: il primo riguarda il recupero dell’IVA; il secondo riguarda la customer experience e quindi fornire al consumatore finale il miglior processo di acquisto".

L'obbligo automatico di registrazione IVA scatta solo se la merce è venduta in Regno Unito, per una questione di territorialità. Le aliquote IVA che si applicano in Regno Unito sono 20% (standard) e 5% (ridotta).

Postponed accounting
Si tratta di una facilitazione che prevede di posticipare l'IVA e quindi l’effettivo pagamento. "E’ un supporto dal punto di vista dei flussi di cassa per le aziende coinvolte che, al posto di seguire l’iter classico, non pagano l'IVA in fase doganale, registrandola a credito/debito con un effetto nullo, tramite un sistema di reverse charge (inversione contabile) - ha concluso Borelli - Inizialmente tale facilitazione era prevista solo per un anno, ma è ancora in vigore".

Per maggiori informazioni: www.ice.it/it/mercati/regno-unito/desk-assistenza-brexit-0