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Momento favorevole per l'Italia

Per i kaki aumentano consumi, prezzi e nuovi impianti

In Italia, la campagna kaki è iniziata da poche settimane: i produttori sembrano soddisfatti sia in termini produttivi che commerciali. Il prodotto si vende e anche bene. "Si registrano, infatti, ottimi risultati sulla pezzatura, oltre che un anticipo sulla colorazione di circa 10-15 giorni rispetto alle annate passate, grazie alla notevole escursione termica tra le ore diurne e quelle notturne durante ottobre (in alcune zone il differenziale è stato anche di 10 °C)". Così esordisce Vito Vitelli, agronomo e ideatore del Circuito Melotto.

Frutto di kaki a polpa soda "Rojo Brillante" di ottima pezzatura, pronti alla raccolta nel metapontino e casertano già nella terza decade di ottobre.

"Si verifica un incremento dei prezzi, passati da una media di 0,40 €/kg del 2020 agli attuali 0,60 €/kg. A crescere sono anche i consumi e la messa a coltura di nuovi diospireti (coltivazione di kaki). La Spagna è da sempre un nostro concorrente, poiché complice delle strategie commerciali aggressive e politiche al ribasso, che hanno portato le quotazioni pagate al produttore dagli 0,35-0,40 di sei/sette anni fa fino agli attuali 0,20-0,25 €/kg (con valori anche di 0,08-0,10 €/kg nel 2019). Questo Paese, negli ultimi 20 anni, non ha fatto altro che aumentare le produzioni di kaki, determinando così una massiccia offerta e una flessione delle quotazioni".

Tra le problematiche fitosanitarie diffuse in Spagna su kaki, ci sono gli aleurodidi.

"Si è creata una crisi fisiologica e un ambiente monocolturale che ha, tra l'altro, determinato una serie di problematiche fitosanitari (come aleurodidi e Planococcus). Quest'anno, come se non bastasse, a fine settembre alcune aree di coltivazione spagnole sono state colpite da nubifragi e grandine, che hanno danneggiato molte produzioni di Rojo Brillante e hanno reso più difficile l'inizio di stagione, dopo annate già compromesse a livello remunerativo". In foto a destra: Planococcus sp. (cocciniglia farinosa).

"Gli agricoltori spagnoli, specie quelli di livello medio-basso che già lavoravano con risicati margini di profitto, hanno cominciato a rinunciare alla produzione, estirpando le piante orientandosi verso altre coltivazioni, come gli agrumi, con proposte varietali più moderne e appetibili. Pertanto, per l'Italia potrebbe essere un buon periodo per investire nella produzione del kaki a polpa soda. Il caso della Spagna non ci deve far pensare che non dobbiamo più continuare a promuovere la diospiricoltura, anche perché la mission è quella di ampliare il calendario di raccolta da ottobre a gennaio e, con adeguate tecniche di post-raccolta e di frigoconservazione, l'offerta commerciale fino a marzo".

Negli ultimi anni c'è un forte interesse da parte dei frutticoltori italiani verso la produzione del kaki a polpa soda. Si valuta la possibilità di posticipare la raccolta a gennaio con tecniche ritardanti e in ambiente
protetto da rete.

"E' opportuno precisare che, in questi anni, la Spagna ha investito circa 20mila ettari nella varietà Rojo Brillante, mentre in Italia, al momento, non si raggiungono i 3mila. C'è quindi ancora bisogno di superfici per riuscire a soddisfare la richiesta nazionale, considerando che non vi sarà più un'invasione di merce estera (già lavorata) che viene venduta all'ingrosso in Italia a poco meno di un euro. Per quanto riguarda la Turchia, altro paese fortemente incuriosito ai kaki, hanno finora raggiunto una superficie di circa 1.000 ettari, ma non risulta essere una particolare minaccia per l'Italia, poiché interessato in particolar modo al mercato arabo e a quello dell'est Europa".