C'è stato da sorridere, in certi passaggi anche un po' amaramente, guardando la trasmissione "Indovina chi viene a cena", andata in onda su Rai3 sabato 25 settembre in prima serata. Una premessa: è stato comunque un approfondimento ricercato, un'inchiesta che ha toccato diversi Paesi e un lavoro lungo.
Fatta questa precisazione, c'è da rilevare che il mondo ortofrutticolo viene letto a stereotipi e dipinto, come troppo spesso accade, come 'avvelenatore'. Si parte subito con un errore grossolano, ben evidenziato dalle telecamere: le mele fatte analizzare vengono tutte toccate senza guanti, manipolando frutti di provenienza diversa, quindi causando una possibile contaminazione crociata fra campioni diversi. Detto questo, tutti i campioni risultano con residui al di sotto dei limiti di legge, quindi di cosa stiamo parlando?
Piuttosto ridicole le immagini di trattamenti aerei che, nelle superfici minimali italiane, anche se venissero consentiti, sarebbero del tutto inutili e antieconomici.
I riflettori sono stati posti sull'effetto miscela derivante dai diversi principi chimici riscontrati e, al riguardo, il direttore scientifico dell'Istituto Ramazzini, Fiorella Belpoggi, ha dichiarato: "Non posso affermare che ci sia un rischio, ma posso dire che c'è un pericolo".
Il passaggio più banale di tutta l'inchiesta è stato quello relativo alla conservazione delle mele: appena acquistate le mele non presentano tracce di micotossine (patulina), ma dopo 15 giorni sì, di fronte a mele palesemente ammuffite. Morale della storia: secondo gli autori della trasmissione, le mele hanno residui chimici e addirittura ammuffiscono (4 mele su 7, dopo 15 giorni di mal conservazione), mentre per loro non dovrebbero ammuffire (mai?). Ecco, quest'ultimo è stato davvero un passaggio poco serio, che va a inficiare la credibilità di tutta l'inchiesta, perché sarebbe come dire: "Acquisto oggi il latte, è perfetto, ma dopo 15 giorni inacidisce, nonostante sia stato pastorizzato a suo tempo...". Non c'è bisogno di una laurea o di una trasmissione tv per sapere che la frutta prima o poi ammuffirà, se si lascia a condizioni di temperatura ambiente.
A seguire, la trasmissione si è focalizzata su altri temi quali: i calibri della frutta, un negozio di Milano che vende ortofrutta "brutta ma buona", sulla solita filippica contro le multinazionali che creano gli ibridi e non lascerebbero gli agricoltori decidere democraticamente cosa seminare. Le telecamere sono poi volate in Almeria per documentare i 50mila ettari di serre che hanno cambiato un'intera provincia.
In conclusione, se il comparto ortofrutticolo nel 2021 viene ancora visto, e comunicato, così dalla tv di Stato e dai mass media generalisti, occorre fare una riflessione su come riuscire a comunicare meglio ed evitare che certi luoghi comuni e banalità siano così candidamente mescolati a concetti veri.
Per chi volesse vedere la trasmissione, questo il link