Differenziare per rimanere competitivi e correre meno rischi. Ad esempio, nel territorio emiliano romagnolo non è pensabile, nel comparto pere, produrre solo Abate. Le varietà sono tante e differenziare permetterebbe di raggiungere più mercati. E' solo uno dei concetti emersi ieri, 16 ottobre 2019, durante un ritrovo fra operatori del settore ortofrutticolo nazionale presso l'agriturismo Il Serraglio a Ospital Monacale (Ferrara).
Dante Montanari e Allison Menegatti
Presenti imprenditori e tecnici dell'Emilia Romagna, del Veneto e uno anche dalla Basilicata. "Da mesi ci confrontiamo sul gruppo Facebook Gruppo Agricoltori Trasversali – hanno spiegato i promotori Allison Menegatti e Dante Montanari – ma per passare dal teorico al pratico occorre incontrarsi. Facebook è uno strumento utile, ma il confronto di persona è indispensabile. I problemi dei produttori sono tanti e occorre che qualcosa si muova, altrimenti l'agricoltura italiana muore".
Il gruppo dei partecipanti
Ospite di spicco è stata Elisa Benetti, referente in Italia per la ditta olandese Fairtrasa Holland Bv. "Mi occupo di commercializzazione di frutta biologica. L'azienda olandese per cui lavoro è molto attenta ai fornitori e in Italia sa di poter contare su delle eccellenze. Negli ultimi tempi hanno aumentato gli acquisti in Italia, e chi lavora bene e con serietà diventa un fornitore di fiducia".
Elisa Benetti di Fairtrasa Holland Bv
Elisa ha poi espresso una sua considerazione molto pratica: "Nel periodo estivo c'è tanto spazio per le pere, specie quelle fresche. Se ci fossero, venderei molte più pere estive come Santa Maria, ma non si trovano in quantità sufficienti. Purtroppo negli anni ci siamo concentrati solo su Abate, piantando migliaia di ettari. Ma nel mondo, chi mangia Abate? Per mia esperienza direi quasi solo i tedeschi. E quando in Germania il mercato non tira, per i nostri produttori è un disastro, al di là dell'annata catastrofica di quest'anno dal punto di vista dei volumi".
Salvatore Liguori commercializza con il marchio I frutti della Val d'Agri
La parola è poi passata a Salvatore Liguori, che coltiva 50 ettari di drupacee fra Basilicata e Calabria con il marchio I frutti della Val d'Agri. "Io ho deciso di confezionare e commercializzare in proprio – ha esordito Liguori – perché conferendo ai magazzini, che fossero privati o cooperative, non facevo reddito. Noi serviamo i mercati all'ingrosso come quello di Firenze, Roma e poi altri al sud d'Italia. Di certo vedo che il settore ortofrutticolo non interessa a nessuno, siamo totalmente abbandonati. La politica, ma anche l'opinione pubblica, non ci considera per nulla".
Liguori produce drupacee a Tursi, in Val D'Agri e in Calabria, a Roseto Capo Spulico. "Se produrre pesche costa mediamente 35-40 centesimi, il prezzo di liquidazione non dovrebbe mai essere inferiore. Non possiamo paragonare i nostri costi a quelli di paesi emergenti. La GDO, che pubblicizza il rispetto per tutti i lavoratori contro il caporalato, dovrebbe anche rispettare noi fornitori con un prezzo equo riconosciuto per ogni chilogrammo ricevuto".
Pietro Cimatti
Il consulente Pietro Cimatti, tecnico di lunga esperienza, ha ricordato che occorre non adagiarsi sugli allori. "Altre nazioni producono frutta buona quanto la nostra. Noi dobbiamo prendere esempio da nazioni come la Francia. Loro hanno abbassato la produzione da 6 milioni a 2,5 milioni di pesche e nettarine, praticamente a livello con i consumi interni. E hanno il tacito accordo che, fino a che c'è prodotto francese, dall'estero non si importa nulla. Noi abbiamo la capacità di esportare, però dobbiamo anche elevare la qualità media della produzione".
L'incontro è stata l'occasione per tanti agricoltori, che tutti i giorni si confrontano su Facebook, di incontrarsi di persona: da Mauro Bosi a Francesco Faccio, da Fabrizio Casadio a Raffaele Billo a Marco Felicani, solo per citarne alcuni. I partecipanti sono stati oltre trenta.