E' cominciata ieri e si protrarrà nella giornata di oggi la due giorni di protesta degli agricoltori siciliani che, radunatisi davanti al mercato ortofrutticolo di Vittoria (RG), hanno dato vita a presidi anche a Gela (CL) e Pachino (SR).
Al centro della protesta ci sono i prezzi alla produzione che sarebbero ormai standardizzati al di sotto dei costi di produzione. Con soli 70 eurocent per il ciliegino, 40 eurocent per la zucchina e 50 eurocent per la melanzana tonda, la produzione non riesce a vivere.
Mariano Ferro
Altro termine della vertenza, secondo Mariano Ferro (Forconi), promotore dell'iniziativa assieme al Comitato anticrisi agricoltura Sicilia, "sono i prodotti che arrivano da Egitto, Marocco e Turchia, a prezzi tali che stanno provocando la chiusura delle nostre aziende agricole".
"Non chiamatela più crisi agricola - ha detto Ferro - non è più una crisi momentanea, ma l'effetto di una globalizzazione che non torna indietro e rispetto alla quale non si può rimanere indifferenti. Dobbiamo trovare immediatamente dei correttivi prima dell'estinzione totale dell'intero comparto agricolo. Il danno è certificato da statistiche e numeri troppo evidenti per nasconderli e nessuno, negli anni, ha saputo affrontare la situazione in maniera efficace a tutti i livelli".
Gli strali di Ferro si indirizzano sulle istituzioni, sulla politica e sulle parti sindacali, per colpa delle quali - a suo dire - "a subirne le conseguenze è sempre la parte più debole".
"Ricominciamo - prosegue l'agricoltore - ad accendere i riflettori, la geografia politica dell'Europa sta per cambiare, stiamo tutti sperando di entrare nell'agenda politica del Governo nazionale".
Un momento durante la manifestazione di protesta. (Le foto contenute in questo articolo sono state gentilmente fornite dal Sig. Angelo Giacchi).
"Bisogna intervenire sugli accordi comunitari se vogliamo salvare il comparto - aggiunge Angelo Giacchi - E se proprio non si riesce a praticare una politica di protezionismo a tutela del prodotto ortofrutticolo italiano, allora, quantomeno, bisognerebbe agire sulle leve dell'eticità e della salubrità della merce che entra dai Paesi cosiddetti emergenti".
"L'Ue farebbe bene a verificare meglio le condizioni di produzione degli ortaggi in quei Paesi - conclude Giacchi - soprattutto quelle dei lavoratori e dei diritti umani. Questi sì che potrebbero essere argomenti per indurre la Commissione Europea ad applicare dei dazi".