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Universita' della Tuscia: finisce in fumo una ricerca pubblica pluriennale su piante arboree geneticamente modificate

L'atto finale della querelle, innescata lo scorso primo giugno 2012 da una denuncia presentata dalla Fondazione Diritti Genetici di Mario Capanna ai Ministri dell'Ambiente e dell'Agricoltura e alla Regione Lazio (vedi notizia FreshPlaza del 06/06/2012), si è consumato lunedì 29 ottobre presso il campo sperimentale dell'Azienda Didattico-Sperimentale dell'Università della Tuscia di Viterbo.

Gli arbusti, "incriminati" in quanto geneticamente modificati e già soggetti a trattamento con disseccante ed eradicazione a giugno, sono stati accatastati in un'enorme pira e dati alle fiamme, di fronte ad un gruppo di docenti e studenti dell'Ateneo, giornalisti e alcuni rappresentanti di movimenti politici.



L'episodio rappresenta un'amara sconfitta della Ricerca pubblica, in una materia - quella degli OGM - tuttora oggetto di sterili controversie ideologiche, e che invece andrebbe lasciata alla sperimentazione scientifica e alla raccolta di dati verificabili. Tanto più che, quella condotta presso Uni Tuscia, era una ricerca autorizzata e di cui era già stata attestata l'assenza di rischi per l'uomo e per l'ambiente nei verbali degli ispettori regionali, recatisi in diverse occasioni presso il sito sperimentale, nonché dai massimi esperti di istituzioni scientifiche italiane.

Sopra: il sito prima della distruzione. Sotto: quel che ne resta oggi.



E invece, per inadempienze dello Stato italiano nei confronti della UE, la sperimentazione - che era stata autorizzata nel 1998 - non ha ottenuto la proroga richiesta dagli studiosi. Le inadempienze sono state:
1. La mancata individuazione di siti idonei alla sperimentazione sugli OGM da parte della Regione Lazio.
2. La mancata approvazione dei protocolli di sperimentazione da parte del Mipaaf.
Entrambi gli adempimenti avrebbero dovuto essere invece adottati entro l'anno 2007, come da direttive UE. A pagare per questa (non casuale!) inefficienza è oggi la Ricerca.



Comprensibile rammarico è stato espresso dal Prof. Eddo Rugini, docente di Scienza delle Coltivazioni e Colture in Vitro presso l'Università della Tuscia di Viterbo e a capo da oltre un decennio della sperimentazione sulle piante geneticamente modificate: "Sarebbero bastati ancora pochi mesi - dichiara Rugini a FreshPlaza - per giungere ai tanto attesi risultati della sperimentazione, indispensabili sia per l'avanzamento della ricerca di base sia per un eventuale trasferimento in campo applicativo. E invece è arrivata l'ingiunzione del Ministero dell'Ambiente di distruggere il campo, mandando letteralmente in fumo le importantissime informazioni scientifiche attese e le ingenti risorse finanziarie pubbliche utilizzate nella ricerca durante i lunghi anni di studio e di lavoro occorsi per la costituzione e la coltivazione di queste piante".

Sopra e sotto: il Prof. Eddo Rugini accanto alla pira degli arbusti cui aveva dedicato anni di studio.

Gli arbusti tanto frettolosamente distrutti - 350 tra ciliegi, ulivi e vitigni di kiwi - costituivano l'unico campo su suolo nazionale di piante geneticamente migliorate per le esigenze dell'agricoltura del futuro: capace di ridurre gli input energetici, chimici e idrici, grazie a cultivar più resistenti agli stress ambientali e all'attacco di patogeni vegetali. "Dal momento della denuncia - aggiunge Rugini - non ci è stato concesso neppure un mese di tempo per raccogliere i dati della sperimentazione, nemmeno quelli circa una presunta "contaminazione ambientale" sollevata dalla Fondazione Diritti Genetici, e che avrebbero dovuto stare particolarmente a cuore allo stesso Ministero che ci ha ingiunto l'eradicazione delle piante".



A nulla sono valsi gli appelli alle massime autorità italiane da parte di prestigiose Accademie e Associazioni scientifiche e neppure i commenti pubblicati da autorevoli riviste scientifiche internazionali, quali Nature, Nature Biotechnology, Le Scienze, né le migliaia di firme di solidarietà raccolte dall'associazione americana Biofortified e dall'Associazione Italiana Biotecnologi per evitare la distruzione. "Gli italiani non hanno ancora imparato dagli errori del passato", si legge nella petizione di Biofortified: parole scritte dal direttore di una celebre Istituzione scientifica inglese, con evidente riferimento alla questione galileiana.



Fonti interne all'Università della Tuscia commentano: "L'elemento più paradossale sta nell'assoluta mancanza di lungimiranza da parte delle Istituzioni pubbliche. Se tra dieci anni le cose dovessero cambiare e le tecniche di ingegneria genetica venissero considerate non soltanto accettabili ma di importanza strategica, allora che cosa faremo? Ricominceremo tutto da capo? Nel frattempo, mortificando la Ricerca pubblica, avremo solo favorito gli interessi delle lobbies private che detengono il monopolio degli OGM. Proprio un bel risultato".