Bari: andar per erbe nel Campus universitario
Armati di coltello, sacchetti di carta, fotocamera, block notes e, soprattutto, tanta voglia di apprendere, gli studenti, accompagnati da Rocco Mariani, esperto di etnobotanica del Dipartimento di Scienze Agro-Ambietnali e Territoriali, hanno scoperto l'insospettata ricchezza di biologia vegetale del Campus, imparando a riconoscere le specie erbacee spontanee commestibili.
Il primo incontro è con una specie spontanea parassita della fava (Orobanche crenata) comunemente chiamata "succiamele delle fave" o in termini dialettali nota come "sporchia" o "nera". Dopo aver illustrato le caratteristiche morfologiche della specie, divenuta commestibile secoli fa in periodi di ristrettezze alimentari, si scopre che i turioni, cioè la porzione edule, hanno un elevato valore nutrizionale essendo caratterizzati da un basso valore calorico, un elevato contenuto di fibra (circa 6 g/100 g di peso fresco) ed elevate quantità di calcio e potassio.
Turione di Orobanche crenata
Proseguendo la passeggiata, dopo pochi passi, ci si imbatte in alcune piante di aglio napoletano (Allium neapolitanum - nella foto a sinistra), riconoscibile grazie alla tipica infiorescenza ad ombrello con fiori bianchi, alla presenza del bulbo e soprattutto a quel caratteristico odore pungente comune a questa specie.
Sorprende, poi, lo spettacolo offerto in questo periodo dall’abbondante fioritura della ruchetta violacea (Diplotaxis erucoides subsp. erucoides) e ci incuriosiscono i racconti di come, in un tempo non molto lontano, quando i giochi erano frutto della fantasia, le bambine usavano le foglie di malva (Malva spp.) per creare le gonnelline delle bambole.
Più in là, lungo un muretto in pietra, si incontra l’erba del vento o erba vetro (Parietaria officinalis), oggi nota soprattutto perché causa di numerose allergie cagionate dal suo polline.
Ruchetta violacea
Parietaria officinalis
La parietaria deve il suo nome al suo habitat preferito: i vecchi muri (paries in latino) esposti al vento. In passato era nota anche come "erba vetriola" perché i suoi germogli, provvisti di foglie la cui pagina inferiore è ricoperta da una fitta e ruvida peluria, erano usati per pulire l’interno dei contenitori di vetro a mo’ di scopino. Le singole foglie, invece, facilmente aderenti ai tessuti, erano utilizzate nei giochi dei bambini che si divertivano a creare disegni di fantasia su magliette, gonne e pantaloni appiccicandosele a vicenda.
In cucina, le giovani foglie primaverili, ricche di potassio, calcio, zolfo, tannini e mucillagini, sono impiegate alla stregua degli spinaci, per ripieni, frittate, minestre e minestroni o come contorno insieme ad altre erbe di campo. Le minestre a base di parietaria assumono un colore verde scuro e l’elevato contenuto di mucillagini ne favorisce l’addensamento.
Papavero rosso
Guardandosi attorno, in un’aiuola non molto distante spunta un gruppetto di piante di papavero comune o rosso (Papaver rhoeas subsp. rhoeas) il cui nome dialettale "shckattarul" ha effetto onomatopeico, richiamando lo scoppiettio prodotto per gioco dai ragazzini schiacciando i petali chiusi a palloncino sulla fronte dei compagni o nel palmo della mano.
Un tempo nel Salento, al termine della giornata di lavoro, i contadini raccoglievano un po’ di piante di papavero e qualche oliva sfuggita alla raccolta per preparare un piatto "povero" che costituiva il pasto dei giorni feriali. Le tenere rosette di foglie primaverili sono consumate in insalata in miscuglio con altre erbe, e sorprende scoprire che il contenuto di Vitamina C di queste foglie (circa 180 mg/100 g di peso fresco) è tre volte superiore al contenuto medio del limone.
La passeggiata si conclude con una visita all’orto botanico del Campus, in prossimità del settore che ospita le piante annuali.
Ad accogliere il visitatore, come fosse un guardiano messo lì quasi per avvertire di non toccare le piante esposte, incontriamo la fatale cicuta (Conium maculatum subsp. maculatum - nella foto a destra).
Accanto, in un'altra aiuola, troviamo invece la tanto ricercata e conosciuta cicoriella dei campi (Cichorium intybus); segue la borragine (Borago officinalis) con i suoi fiori di colore azzurro intenso o blu-violetto ed altre specie come il finocchio selvatico (Foeniculum vulgare) ed il finocchio marino (Crithmum maritimum). Tutte piante caratterizzate da un basso livello di lipidi, dall’assenza di colesterolo, ma ricche di sali e minerali e sostanze antiossidanti con azioni protettive nei confronti di molte malattie del benessere.
Cicoria comune o selvatica
Borragine
La giornata poi finisce "alle ortiche", in senso benevolo certamente, perché si parla delle proprietà nutritive di questa specie, caratterizzata da un elevato contenuto di proteine, calcio, vitamina A e C, del suo utilizzo come foraggio per il bestiame ed infine dell’impiego come alimento, pianta medicinale, o anche per ottenere dei tessuti.
Ortiche
Al termine dell’esercitazione, sebbene i sacchetti di carta siano rimasti vuoti, e quindi senza erbe da portare a casa, sicuramente ai ragazzi che hanno vissuto questa esperienza con grande interesse e stupore è rimasta la consapevolezza dell’importanza di queste piante spontanee. Presenti sulla terra da tempi remotissimi nelle aree e nei luoghi più disparati, le possiamo rinvenire anche in un luogo apparentemente povero di biodiversità e fortemente antropizzato come può essere un Campus universitario, e ne possiamo essere arricchiti sia per il grande valore socio-culturale fatto di storie, leggende, credenze, proverbi e sapere culinario sia per il valore nutrizionale dovuto alla ricchezza di sostanze bio-attive e benefiche per la salute umana.
Contatti:
Dr Pietro Santamaria
Dipartimento di Scienze Agro-Ambientali e Territoriali
Università degli Studi di Bari
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70126 Bari
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