Iscriviti alla nostra newsletter giornaliera e tieniti aggiornato sulle ultime notizie!

Iscriviti Sono già iscritto

State utilizzando un software che blocca le nostre pubblicità (cosiddetto adblocker).

Dato che forniamo le notizie gratuitamente, contiamo sui ricavi dei nostri banner. Vi preghiamo quindi di disabilitare il vostro software di disabilitazione dei banner e di ricaricare la pagina per continuare a utilizzare questo sito.
Grazie!

Clicca qui per una guida alla disattivazione del tuo sistema software che blocca le inserzioni pubblicitarie.

Sign up for our daily Newsletter and stay up to date with all the latest news!

Registrazione I am already a subscriber

Rilancio della castanicoltura da frutto piemontese

Dall'incontro 'Castagno Piemonte', organizzato da Disafa e Città di Cuneo lo scorso 13 ottobre 2017 in occasione della 19ma edizione della Fiera nazionale del Marrone, sono emerse alcune riflessioni per lo sviluppo competitivo della castanicoltura piemontese. L'evento è stato organizzato anche con il patrocinio di Mipaaf, Regione Piemonte, Ipla, Uncem, Soi, Città del Castagno, Coldiretti, Cia e Agenform ed è stato moderato da Marco Bussone dell'Uncem Piemonte.

Erano presenti tutti gli attori della filiera: dalle cariche istituzionali con il viceministro Andrea Olivero, all'assessore regionale Alberto Valmaggia, i parlamentari Chiara Gribaudo e Mino Taricco, i ricercatori del Disafa e dell'Ipla, oltre a vivaisti e produttori.



La produzione italiana di castagne ha subito una forte contrazione nell'ultimo decennio, a causa delle frequenti avversità climatiche e con l'introduzione di nuove malattie. E' per questo che bisogna ripensare a un nuovo concetto di gestione del castagneto se si desidera che la castanicoltura rappresenti un'opportunità per il territorio.

Quando si parla di castagneto, non si deve pensare a un bosco ma a un frutteto che come tale deve essere gestito affinché sia una produzione sostenibile e remunerativa
. Perché questo avvenga, si è programmato un PSR-Piano di sviluppo rurale, che prevede contributi per i nuovi impianti di castagni, e si sta continuando a lavorare sulla formazione dei produttori, sulle varietà, sulle tecniche vivaistiche e colturali presso il Centro Regionale di Castanicoltura di Chiusa Pesio. Sotto osservazione, poi, anche tutte quelle criticità che rappresentano un limite per il settore.

Questi i temi con cui Gabriele Beccaro e Gabriella Mellano del Disafa nonché responsabili del Centro regionale di Castanicoltura hanno introdotto le tematiche dell'incontro.

"Ritornare a investire su questa coltura, incentivandone il recupero delle realtà storiche e lo sviluppo di nuove, ci consente di contribuire in modo sostanziale al mantenimento dei boschi, garantendo il presidio e la tutela del territorio, oltre a rafforzare il legame tra prodotto e realtà locale, che è la chiave per una crescita economica armonica e duratura – sottolinea il viceministro Olivero – Passare ad una visione gestionale del territorio, mantenendo la biodiversità e offrendo opportunità di lavoro e reddito alle comunità delle aree interne, è l'obiettivo della riforma della Legge Forestale italiana, che uscirà a breve. Occorre lavorare in sinergia, mettere allo stesso tavolo istituzioni e imprese, puntare sull'innovazione, perché la coltura del castagno continui ad esprimere l'identità delle nostre comunità e delle nostre montagne e contribuisca ad arricchire il tessuto socio-economico. I gravi problemi affrontati negli scorsi anni ci hanno reso più consapevoli della necessità di fare squadra. Senza regia comune non si tutela e non si sviluppa questo settore".

Dopo il minimo storico nel 2014 in cui si registrò il 76% in meno di produzione rispetto alle 51.064 tonnellate del 2006, la produzione italiana di castagne è ancora in difficoltà; tuttavia negli ultimi due anni si sono registrati segnali di ripresa nonostante oltre il 30% di prodotto sia importato.

Secondo i dati degli economisti, la castanicoltura è al momento una delle produzioni da frutto più remunerativa, però necessita di alcuni interventi strutturali per mettere i produttori in condizione di essere competitivi. Dai vari interventi sono emersi alcuni punti importanti su cui ragionare per la valorizzazione della castanicoltura piemontese che riguardano il problema del frazionamento fondiario, la disponibilità idrica, il rinnovamento varietale, la formazione dei produttori e assistenza tecnica.

Un vivaista della zona ha puntualizzato l'importanza dell'acqua per il futuro della castanicoltura a fronte dei cambiamenti climatici che si stanno manifestando, pertanto una delle richieste è quella che la Regione contribuisca alla realizzazione di impianti di approvvigionamento idrico per gli agricoltori; mentre un vivaista della Toscana ha sottolineato l'importanza del finanziamento alla ricerca per la selezione di nuovi portinnesti e varietà.

Il rilancio della castanicoltura da frutto necessita di un percorso di valorizzazione integrato dal punto di vista economico, ambientale e sociale e di poter disporre di dati aggiornati sulla effettiva consistenza delle risorse castanicole a livello locale attraverso un inventario nazionale.