Sud-est barese: vitalita' oggettiva per il comparto dell'uva da tavola
Intervenendo alla 52ma edizione della Sagra di Rutigliano, l'imprenditore ortofrutticolo non ha avuto dubbi. Il suo è il caso di un'azienda storica, diventata uno dei big del settore in Puglia, che ha fatto per tempo la scelta delle uve senza semi e che completerà il processo appunto entro 2-3 anni.
La via delle uve apirene è ormai tracciata pure nel sud-est barese. Anche se con equilibrio, senza rinunciare al cavallo di battaglia della varietà Italia, che ha costituito e costituisce il must della produzione viticola da tavola pugliese.
Quella di Giuliano non è stata però una scelta dell'ultim'ora. "Fatta 10 anni fa - ha detto durante il suo intervento - questa apertura alle apirene è stata provvidenziale".
Situazione analoga per il gruppo Di Donna. Raffaella Di Donna ha sottolineato che il suo gruppo esporta il 90% della produzione nei paesi dell'Europa Centrale e in Gran Bretagna di uve prevalentemente apirene, con programmi ambiziosi, ossia esportare anche in Cina, quando saranno state superate le barriere fitosanitarie.
"Problemi - ha fatto osservare Giacomo Suglia, presidente di Apeo, associazione di esportatori ortofrutticoli appulo-lucani - particolarmente seri che devono essere gestiti facendo pressione sul Governo, perché dia il via con forza ad accordi bilaterali".
Sul tema apirene sono venute indicazioni promettenti anche dal mondo della ricerca privata e pubblica. Privata con l'illustrazione di un progetto di contratto di rete lo ha fatto Vittorio Filì di Arptra (che raccoglie molti imprenditori, esperti e ricercatori sul tema delle varietà) e pubblica, con le attività del Crea di Turi, guidato da Donato Antonacci. E' emerso insomma che il comparto possiede una vitalità oggettiva.