
La frutticoltura biologica in Piemonte è diffusa su 650 ettari, di cui il 4-5% della superficie destinata alla produzione di frutta fresca: melo, pero, actindia, ma anche pesco e frutti di bosco.
Frutticoltura biologica e integrata condividono gran parte degli obiettivi che stanno a cuore al consumatore, ma anche all'agricoltore e all'opinione pubblica: sicurezza alimentare e sostenibilità ambientale.
Il biologico, supportato da una normativa chiara ed identificabile, gode di un consolidato appeal tra i consumatori. L'applicazione del metodo biologico in frutticoltura è più impegnativa rispetto ad altri settori. Nonostante questo, la superficie risulta in crescita anche in Piemonte, supportata dalla domanda dei consumatori. Un'opportunità per le aziende piemontesi già certificate e un invito per le nuove.
L'actinidia, fino alla diffusione della batteriosi (Psa), era la specie più coltivata. Oggi sono il melo e il pero le specie più rappresentate nel biologico.
Il CReSO, attraverso il coordinamento dei tecnici frutticoli, trasmette ai frutticoltori una linea specifica di avvisi bio, che insieme a newsletter, comunicati e altre forme divulgative, fornisce le indicazioni pratiche per la difesa e la tecnica colturale.
Durante l'incontro, Graziano Vittone del CReSO ha presentato la situazione e le sfide della frutticoltura biologica in Piemonte, oltre agli indirizzi operativi per la stagione incipiente.
Luisa Mattedi, della Fondazione Mach di San Michele all'Adige (provincia di Trento), ha illustrato le strategie di difesa adottate in Trentino per il contenimento dei principali patogeni e insetti del melo.
La dott. Mattedi ha spiegato l'importanza della sostanza organica e della fertilità del suolo, ha detto: "1 grammo di terreno contiene da 50 a 200 milioni di organismi viventi, fra batteri, attinomiceti, funghi, protozoi, alghe, protozoi, nematodi, acari, insetti, lombrichi, millepiedi ed altri organismi. Noi dobbiamo restituire il terreno il più possibile integro alle generazioni future."
Mattedi ha illustrato il ciclo della ticchiolatura, le infezioni primarie e secondarie, ed ha spiegato come controllare l'infezione (Tabella 1) e soprattutto l'importanza di contenere l'inoculo.
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Claudio Casera, del Centro sperimentale Laimburg, ha presentato i risultati della ricerca in corso in Alto Adige. In particolare, Casera ha illustrato l'utilizzo dell'impianto di irrigazione sovrachioma nella prevenzione della ticchiolatura. Il dott. Casera ha detto: "L'impianto di irrigazione sovrachioma rappresenta una valida alternativa all'atomizzatore per contenere efficacemente la ticchiolatura; il prodotto più adatto è il polisolfuro di calcio; la strategia più indicata è quella tempestiva e l'aggiunta di lecitina di soia ne migliora l'efficacia."
Alle presentazioni dei risultati, è seguita la discussione sull'insieme degli interventi di tecnica colturale che contribuiscono al mantenimento dell'equilibrio naturale della pianta e dell'ecosistema frutteto; sulla base di questa considerazione i lavori si sono conclusi con interessanti osservazioni, provenienti da esperienze personali, sull'agricoltura biodinamica e sul concetto di "rivitalizzazione del suolo agrario".