Come già avvenuto per Spagna, Turchia e Cile, questa iniziativa ha permesso di verificare il grado di sviluppo tecnico e organizzativo raggiunto da altri paesi a vocazione frutti-viticola, ma anche di individuare possibili partner in sinergie commerciali internazionali.

I produttori faentini hanno avuto la possibilità di visitare alcune aziende egiziane collocate nella zona nord del Paese africano, quella a maggiore vocazione agricola, ubicata fra Cairo e Alessandria, resa fertile dalla disponibilità di acqua derivata o dal Nilo o da pozzi sotterranei. Alcune di esse intrattengono già rapporti di scambio ortofrutticolo con l’Italia.

"Le principali coltivazioni frutticole egiziane – illustra Palara - sono quelle che meglio si adattano ai climi semi-aridi: datteri, banane e agrumi sono presenti quasi ovunque, mentre nelle aziende più importanti, che hanno affrontato investimenti tecnologici e adottato innovazioni agronomiche di ispirazione europea, da una decina d'anni sono comparse pesche e nettarine, fragole, uva da tavola, albicocche. In futuro, dovrebbero trovare maggiore attenzione anche fichi e melograno, grazie al loro basso fabbisogno idrico. Rilevanti anche le coltivazioni orticole di patate e cipolle, fagiolini e altri legumi, pomodoro, asparago, melone che, in alcuni casi, riescono a fornire due raccolti l'anno."
Il tour
Durante la visita, i soci di Agrintesa hanno potuto visionare imprese di capitale di modello simile a quello cileno: grandi dimensioni aziendali (da 200 a 1.300 ettari), ingenti investimenti, vasta disponibilità di manodopera a basso prezzo (in media meno di 1$/ora), molteplici programmi per nuove produzioni da avviare "fuori-stagione" sui mercati internazionali. L'Egitto, per ovvi motivi logistici, guarda con interesse soprattutto ai mercati europei e a quelli del vicino Medio Oriente.

"Queste imprese – spiega Palara - affiancano alla coltivazione uno o più stabilimenti di lavorazione, stoccaggio, confezionamento e spedizione della merce, secondo criteri e certificazioni di stampo internazionale quali GlobalGap, BRC, Tesco. Anche le produzioni biologiche trovano spazio crescente."
Fra le aziende di produzione ed esportazione ortofrutticola più note e attive in Egitto, vanno citate Maba Agriculture, Nivex Farm, Pico Modern Agriculture, Blu Nile Company. In alcune di esse, i frutticoltori faentini hanno potuto osservare da vicino sia il processo produttivo e gli standard quali-quantitativi degli impianti, sia il livello organizzativo delle imprese e il loro stato di innovazione.
"Impressionante in tutti i casi – osserva il responsabile tecnico di Agrintesa - grazie al suo basso costo, il grande utilizzo di manodopera, sia nelle operazioni di campo, in Italia da tempo meccanizzate, sia nelle fasi di lavorazione dei prodotti nelle centrali di condizionamento, dove la buona qualità complessiva dell'offerta sembra dipendere soprattutto dall'esuberante impiego di personale per la cernita, il confezionamento e i controlli qualità."

Il quadro socio-economico
"Parlare di Egitto oggi – continua Ugo Palara - non può prescindere da una valutazione dello stato socio-economico complessivo in cui versa il Paese. La rivoluzione del gennaio 2011 ha enormemente frenato lo sviluppo economico del paese che oggi non sembra in grado di darsi nuove e più efficienti infrastrutture, vede quasi azzerati gli investimenti di capitali stranieri, produce e lavora con un pesante livello di inflazione. Anche il turismo, che dava il maggior reddito alle casse statali, ha subito un forte tracollo, avendo visto ridurre le presenze fino al 70% rispetto ad alcuni anni fa."
In una situazione come questa, anche le imprese agricole più strutturate faticano a reggere il passo poiché sono diminuiti i rapporti internazionali di scambio sia tecnologico che commerciale. Solo le realtà meglio organizzate, che possono raggiungere standard produttivi internazionali di livello europeo, sembrano in grado di continuare a rapportarsi col resto del mondo, ma in una situazione di crescente difficoltà e di preoccupazione verso il futuro.
La frutticoltura temperata
Da poco più di vent'anni, l'Egitto ha cominciato ad esplorare la possibilità di allargare la propria frutticoltura investendo, a fianco delle abituali specie sub-tropicali, in altre colture temperate: grazie al miglioramento genetico internazionale, pesche, nettarine, albicocche e susine, fragole, uva da tavola apirena sono cresciute sia in termini ettariali, sia in termini qualitativi.
"Parte di queste produzioni riesce a raggiungere i mercati europei con livelli di presentazione e qualità riconosciuti, avvantaggiata da un precocità di almeno 60 giorni rispetto alle raccolte nostrane, con crescente efficienza anche in termini logistici."

"Le tipologie di impianto ricalcano quelle riscontrabili nel nostro paese - rivela Palara - ma alcuni aspetti della coltivazione restano comunque difficili. Il mancato soddisfacimento del fabbisogno in freddo determina nella vite e nelle drupacee alternanza di produzione, fioritura prolungata, scalarità di raccolta - fino a 15 passaggi per esaurire le piante! -, difficile controllo dei parassiti; l’impiego di fitoregolatori come il Dormex diventa indispensabile per regolarizzare il germogliamento delle piante e talora l’effetto non è scontato."
"La qualità dell'acqua irrigua, spesso di elevata salinità, non sempre assicura benefici sufficienti se paragonati ai costi sostenuti per la sua gestione. La mancanza di un aggiornamento tecnico costante, nonostante i rapporti instaurati con ditte spagnole, sudafricane e italiane, rende complicata la gestione agronomica nel suo complesso, riducendo le quote di prodotto di prima qualità da destinare all'esportazione."

Cosa evincere da questo viaggio in Egitto?
"L'Egitto appare oggi come un possibile partner, più che un competitor, con il quale instaurare rapporti di scambio e trading nel comparto ortofrutticolo", afferma Palara. "La frutta sub-tropicale e temperata in primavera, ma soprattutto alcuni tipi di ortaggi, possono rappresentare una valida opportunità di scambio con prodotti frutticoli tardivi come pomacee e kiwi per i quali le nostre imprese sono leader."
"L'Egitto appare altrettanto interessante per le possibilità di introdurre know-how, innovazioni tecnologiche e mezzi della produzione che servirebbero a migliorare uno standard quali-quantitativo non sempre adeguato; anche in questo caso l’Italia avrebbe tutte le carte in regola per costruire valide sinergie."
"Purtroppo, la situazione egiziana non sembra oggi facilmente inquadrabile nei suoi sviluppi di medio periodo, stante una crisi sociale e politico-economica di grande difficoltà e per la quale è impossibile fare pronostici, così come avviene, purtroppo, in diversi altri Paesi del Nord Africa", conclude Ugo Palara.