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Sanzioni a partire da 4.000 euro per chi inganna il consumatore
"Linea dura contro uso improprio delle diciture "Radicchio Rosso di Treviso" e "Variegato di Castelfranco" non certificate IGP"
Per la stagione 2010/2011 il Consorzio metterà in atto tutte le misure a sua disposizione per tutelare l’Indicazione Geografica a vantaggio tanto del consumatore che in buona fede acquista un prodotto garantito, quanto del produttore che impegna notevoli risorse in questo tipo di coltivazione.
"Il Radicchio Rosso di Treviso ed il Variegato di Castelfranco sono dei prodotti a Marchio IGP (Indicazione Geografica Protetta) – ribadisce il neo Presidente del Consorzio Paolo Manzan – ciò significa che, ogni qualvolta viene riportata la denominazione "Treviso o Castelfranco", è d’obbligo, tanto per i produttori, i trasformatori, i commercianti o i ristoratori, l’esclusivo utilizzo di prodotto IGP. Questo lo si riconosce da un bollino numerato, con il Logo del Consorzio, riportato sulla confezione, a testimonianza che quel radicchio è stato prodotto in una specifica zona, nel rispetto del disciplinare, ed è stato controllato da un ente certificatore esterno, oltre ad essere riportato nella fattura di vendita. Molto è stato fatto dal '96 ad oggi, ma molto c’è ancora da fare per l’informazione, la valorizzazione e la tutela di questa cicoria".
Per la tutela di questi prodotti il Consorzio del Radicchio ha incaricato degli agenti vigilatori, i quali svolgono la propria funzione grazie alla partecipazione a dei corsi abilitanti e dopo essere stati riconosciuti come degli agenti di pubblica sicurezza, dal Prefetto di Treviso. La loro azione per legge deve essere coordinata con l’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari (ICQRF) di Conegliano (provincia di Treviso), previo piano dei controlli condiviso con questo ente.
Già operativi in tutto il territorio nazionale e nella Comunità Europea, gli agenti vigilatori hanno il compito di fare dei sopralluoghi nei mercati all’ingrosso, nei supermercati, nei ristoranti e pizzerie, per accertarsi che ci sia congruenza tra il prodotto acquistato e la dicitura riportata. Pena sanzioni amministrative a partire dai 4.000 euro nel caso riscontrassero qualche violazione o un utilizzo improprio del nome.
"A volte, erroneamente, si crede che il solo fatto che questo prodotto provenga dalla nostra provincia basti a identificarlo come Treviso, ma è sbagliato! – spiega Mirco Feston, uno degli agenti vigilatori - Secondo quanto stabilito dalla legge (Decreto Legislativo 19 novembre 2004, n. 297), qualunque prodotto senza queste caratteristiche non può essere denominato con il termine Treviso o Castelfranco, o suoi sinonimi quale trevisano, castellano o altro".
"Il radicchio Tardivo di Treviso rientra in molte ricette della nostra cucina ed è facile trovarlo nei menu di molti ristoranti e pizzerie, - continua Antonio Bertone, altro agente vigilatore - ma se la materia prima non ha le caratteristiche per poter essere IGP, l’utilizzo del termine Treviso è sanzionabile. Lo si potrà chiamare semplicemente tardivo, spadone, ecc. ma non 'di Treviso' o 'trevigiano'. Spesso ci imbattiamo in cartelli che riportano diciture come "Radicchio di Treviso Tardivo" ma, non essendoci poi nessun tipo di certificazione a sostegno, è assolutamente illegittimo. Termini esatti da utilizzare in questi casi per le tre tipologie sarebbero 'Radicchio Tardivo', 'Radicchio Precoce' e 'Radicchio Variegato'. Ed è qui che noi entriamo in gioco!"
Un lavoro reso possibile anche grazie alla collaborazione con Associazioni di categoria quali la Confederazione Italiana Agricoltori che "crede fortemente nell’informazione e valorizzazione dei prodotti di qualità, senza le quali non ci potrebbe essere ricaduta sul mercato – come sostiene il direttore Marisa Fedato – la sicurezza alimentare, e quindi la tutela del consumatore finale, dovrebbero essere l’obiettivo e il punto di forza anche di molti altri settori".
Iniziativa è supportata anche dalla Federazione Provinciale Coldiretti di Treviso il cui direttore, Enzo Bottos, ribadisce l’importanza del comunicare ma soprattutto di rafforzare i controlli, tanto alle frontiere quanto nel territorio, al fine di combattere la concorrenza sleale, ricordando che il falso, in Italia, ha un giro d'affari di oltre 50 miliardi di euro.
"Ovviamente vige il buon senso, – conclude Manzan – prima informiamo e avvertiamo, e poi passiamo alle sanzioni, che possono anche sembrare consistenti, ma ricordiamo che l’utilizzo improprio del nome non è un comportamento scorretto verso un unico produttore, ma verso un intero territorio".
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