Il comparto agrumicolo sta attraversando una fase particolarmente complessa, segnata dal cambiamento climatico, che impatta sulla produzione e sulla qualità dei prodotti. Basti pensare alle principali malattie da cui il Mediterraneo è per nostra fortuna ancora indenne (vedi Huanglonbing, cancro batterico, Black spot), a cui si aggiungono i patogeni localmente più diffusi che rendono gli agrumi costantemente esposti, riducendone la produzione, abbassandone i prezzi di raccolta, e favorendo l'importazione dai Paesi vicini. Per non parlare del clima sempre più mutevole, caratterizzato da inverni sempre più miti ed estati torride, con l'alternanza di violenti nubifragi e lunghi periodi di siccità estrema.
In tale contesto, Concetta Licciardello, primo ricercatore del CREA (sede di Acireale -CT), spiega: "La variabilità genetica oggi disponibile tenta di far fronte alle nuove condizioni ambientali che possono far emergere quanto di meglio alcune varietà di agrumi hanno in serbo, così come possono creare i presupposti per farne soccombere altre. Da qui la necessità di custodire e preservare la biodiversità, da un lato, e tentare di generarne di nuova, che soddisfi le richieste di mercato".
Fin dai tempi più antichi dell'agricoltura, l'uomo ha selezionato le piante, scegliendo le migliori, fino all'arrivo del miglioramento genetico tradizionale, che però richiede tempi piuttosto lunghi e spazi non indifferenti. "A questi si aggiungono anche fattori legati "alla lunga giovanilità (che può protrarsi anche diversi anni) e alla elevata eterozigosità (la maggior parte degli agrumi, infatti, derivano dall'incrocio spontaneo tra le 5 specie vere)".
Concetta Licciardello, primo ricercatore del CREA (sede di Acireale)
"Le tecnologie di evoluzione assistita (TEA) rappresentano quindi un'opportunità – dice ancora Licciardello - perché consentono di intervenire in maniera puntuale nelle regioni del DNA che sono responsabili del controllo di caratteri di interesse agrario, mimando ciò che può avvenire naturalmente, sebbene in maniera più veloce. Non tutto però è così semplice e le TEA non sono la soluzione a tutti i mali. Sicuramente, la conoscenza puntuale delle sequenze geniche, la capacità di dar vita a una nuova pianta partendo da una o poche cellule, l'innovazione concettuale che sta dietro il genome editing e la cisgenesi, sono tutti elementi essenziali per costruire il puzzle su cui le TEA basano le loro fondamenta. I limiti sono rappresentati dalle conoscenze non del tutto complete sui geni e i caratteri da essi controllati, ma sono anche legati ai sistemi per eliminare i residui estranei alla specie, necessari per superare i limiti imposti dalla normativa europea, che a tutt'oggi incasella le piante ottenute attraverso le TEA all'interno della Direttiva 2001/18/CE".
"Infine, come tutte le piante, siano esse ottenute attraverso metodi tradizionali o naturali, per poterne osservare le caratteristiche per le quali sono state selezionate e migliorate – conclude la scienziata - devono essere messe nelle migliori condizioni di allevamento, quindi in pieno campo. Da qui, l'opportunità offerta dall'Italia attraverso il Decreto siccità (D.L. 39/2023) e a seguire il Decreto agricoltura (D.L. 63/2024), che consente di testare in campo le piante TEA fino al 31 dicembre 2025; solo così sarà possibile comprendere se quanto osservato in laboratorio, in condizioni controllate, corrisponda all'atteso nella pratica".
Per maggiori informazioni:
Concetta Licciardello
Primo Ricercatore CREA-OFA
Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria
Centro di ricerca Olivicoltura Frutticoltura Agrumicoltura
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