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Occorre la partecipazione degli operatori

Mal secco del limone: la situazione è complessa ma gestibile

"Il mal secco grava da oltre un secolo sulla limonicoltura del Mediterraneo, con ripercussioni economiche e occupazionali particolarmente gravi in Italia. Basti pensare che nel trentennio 1986 - 2017 la superficie investita a limone è diminuita del 45% e la produzione del 41%". A dirlo è Antonino Catara, già Ordinario di Virologia vegetale e di Patologia vegetale presso l'Università di Catania, attualmente consulente scientifico di Agrobiotech, che prosegue: "La diffusione di nuove varietà, cloni e portinnesti, l'estensione della coltura in aree con minore esperienza gestionale, l'abolizione dal commercio di alcuni agrofarmaci efficaci nel contenimento del patogeno, la limitazione d'uso di prodotti rameici e il costo degli interventi di potatura hanno progressivamente fatto venir meno le misure profilattiche di base. In parallelo, la carica d'inoculo è aumentata e i suoli sono diventati serbatoi del patogeno".

Antonino Catara

"Frattanto, la ricerca ha dato indicazioni utili per attivare nuovi percorsi profilattici - spiega Catara - che andrebbero validati in pieno campo (vedi www.progettosirpa.it/-Biotecnologie). In attesa che la genetica consenta di accedere a varietà e portinnesti tolleranti (se non resistenti) e che l'industria chimica metta a punto prodotti capaci di diffondersi nei tessuti xilematici del patogeno, è stato accertato che alcuni preparati stimolano in vario modo i meccanismi di resistenza delle piante contro vari patogeni e si candidano come alternativa ai trattamenti chimici per la gestione del mal secco".

"È stato, inoltre, confermato che il contenimento della carica d'inoculo sulla chioma e nel terreno, con modalità integrate, condivise e consapevoli è il punto fondamentale - dice ancora Catara - Occorre riqualificare gli operatori, fornendo loro nozioni di base e moderni strumenti di partecipazione diretta, strutturare un sistema di comunicazione che favorisca lo sviluppo di una cultura tecnico-scientifica diffusa. Un piano che richiede la partecipazione attiva delle organizzazioni produttive. Urge, dunque, mettere in atto alcuni punti (vedi Freshplaza del 26 luglio 2019), che oggi le nuove conoscenze rendono più attuabili. Ridurre l'inoculo, attraverso una potatura differenziata e funzionale all'obiettivo, eliminare la ramaglia e inattivare la lettiera di foglie".


Sintomi di mal secco e movimento del patogeno nei vasi legnosi

"Guidare l'applicazione consapevole di biostimolanti al terreno e/o alle foglie in modo da favorire lo sviluppo di microrganismi benefici - conclude lo scienziato - che concorrono alla resistenza delle piante a stress biotici e abiotici. Taluni di questi prodotti, conformi al regime biologico, esercitano un'azione rivitalizzante della pianta e dell'apparato radicale, che consente di rallentare i processi infettivi e ridurre gli interventi di potatura. Bisogna adottare la corretta esecuzione di misure fitosanitarie profilattiche in vivaio, in modo da garantire la sanità di marze e portinnesti da impiegare per i nuovi impianti; scoraggiare l'impiego di varietà/cloni e di portinnesti molto suscettibili alla fitopatia in aree ad alta pressione del patogeno, con il supporto di una corretta divulgazione delle conoscenze più recenti; mettere in atto mezzi di protezione passiva dagli eventi favorevoli all'insediamento del patogeno. È evidente che un piano così articolato presuppone una partecipazione attiva delle organizzazioni e un coordinamento attento e condiviso".

Per maggiori informazioni:
Prof. Antonino Catara
antoninocatara@virgilio.it