A un anno dall'inizio del conflitto armato nel cuore dell'Europa, non si vedono ancora segnali di una possibile pace. Una guerra che ha mutato lo scenario mondiale geopolitico e macro-economico, generando conseguenze negative anche per il comparto dell'ortofrutta.
Giacomo Suglia (in foto a lato), presidente di Apeo, l'associazione produttori ed esportatori ortofrutticoli, e vicepresidente di Fruitimprese, ci spiega: "La scatenata invasione russa del 24 febbraio 2022 ha portato effetti notevoli sull'intera economia italiana che, va detto, rispetto agli altri Paesi del G7, è quella che ha tenuto meglio. Gli impatti del conflitto sul nostro comparto non sono da misurarsi relativamente alla riduzione dei volumi di frutta e verdura italiane esportati in Ucraina, ma in quanto a significative tensioni e incertezze che esso ha poi generato".
"L'inflazione e la maggiore e generale propensione al risparmio - continua Suglia - hanno avuto forti contraccolpi. Infatti le famiglie, già alle prese con altre spese, sono state costrette a ridurre il budget di acquisti alimentari o, comunque, si sono indirizzate su prodotti meno cari, a prescindere dalla provenienza. Grecia, Bulgaria e Polonia, che da sempre vendevano i propri prodotti negli Stati direttamente interessati dalla guerra (come Ucraina e Bielorussa) hanno riversato su altri mercati europei la loro offerta di ortofrutta, rendendola sicuramente più accattivante, visto che i loro prezzi sono di gran lunga inferiori rispetto a quelli italiani".
In Italia, i rincari energetici, dei metalli, del petrolio, del gas e dei fitofarmaci hanno fatto crescere notevolmente i costi delle imprese, che hanno deciso di assorbirli per buona parte in proprio, senza scaricarli sulle fasi successive della filiera. "Nell'ultimo anno, molte aziende ortofrutticole hanno messo un freno alle esportazioni d'oltreoceano o nel Golfo Persico, a causa proprio degli elevatissimi costi logistici, come i noli container. In tanti poi hanno deciso di ridurre le superfici investite per diverse coltivazioni, sia estive sia autunnali. Siamo reduci da 3 anni difficili: prima la pandemia, poi gli iniziali aumenti delle materie prime e infine la guerra. Problematiche cui si sono aggiunte le conseguente dei rapidi cambiamenti climatici".