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Uva da tavola del sud est barese: tipicità tra tradizione e innovazione

Il 22 aprile 2022, il GAL Sud Est Barese ha organizzato ad Adelfia, in provincia di Bari, un convegno sull'uva da tavola. Un'occasione per ragionare con produttori e tecnici esperti di qualità, tipicità e sicurezza delle produzioni.

Nell'occasione, Pierfederico La Notte (nella foto sotto), ricercatore IPSP-CNR, ha presentato la sua relazione dal titolo "Valorizzare la tipicità tra tradizione e innovazione".

"Quando si parla di valorizzazione, si pensa subito a quella legata al prodotto. Valorizzare, però, significa innanzitutto attribuire a qualcosa il giusto valore o un valore maggiore, e mettere a frutto/utilizzare il valore di tale cosa. Nello specifico delle uve da tavola tradizionali, poi,  queste presentano al loro interno un valore storico-culturale e uno economico, entrambi utili e utilizzabili", ha spiegato La Notte, riferendosi a cultivar ancora in produzione, come la Cardinal, la famiglia della Regina e la Pizzutella. 

"Il valore aggiunto delle uve da tavola tradizionali, in particolare quelle coltivate nella provincia di Bari, è legato a origine, storia/tradizione e qualità/unicità. Rappresentano un segmento di mercato irrinunciabile per l'intera economia regionale - ha continuato La Notte - Queste uve, spesso coltivate in territori specifici, mostrano una maggiore redditività e una minore competizione sui mercati internazionali, differenziandosi e adattandosi alle diverse richieste del consumatore".

Nella provincia di Bari, nel 2000, la superficie investita a uve tradizionali era del 23%; negli anni successivi, tale percentuale si è ridotta. "Sono presenti, infatti, difficoltà legate a una rapida evoluzione varietale e al cambiamento di gusti e modalità dei consumi".

Storicamente parlando, il ricercatore ha sottolineato come la provincia di Bari sia "la culla" della coltivazione commerciale dell'uva da tavola in Italia. "Dopo il 1887, con la grande crisi, e fino ai primi del Novecento, c'è stata una riconversione e specializzazione colturale di molti territori: ad esempio, proprio nel barese, con l'uva da tavola, cominciando dalle varietà Baresana e Regina".

Strategia di valorizzazione
"Si parte con l'individuare le cause dello scarso successo o della diffusione delle varietà, per poi passare al recupero e alla conservazione del germoplasma, con annessi studio delle caratteristiche produttive e raccolta degli studi storici - ha spiegato La Notte - Tappa fondamentale per poter avviare la commercializzazione di una varietà è la registrazione della stessa e di cloni al Catalogo Nazionale. Successivamente è necessario disporre di materiale di propagazione idoneo per la ripresa in coltivazione. Infine, la parte relativa a un eventuale riconoscimento o tutela dei marchi, cui segue una comunicazione e una promozione ad hoc, compreso un marketing territoriale specifico, da adattare alle varie esigenze locali e dei singoli prodotti".

La Baresana rosa è un esempio di varietà recuperata e registrata al Catalogo Nazionale. (Immagine tratta da una relazione di Pierfederico La Notte)

C'è spazio per la valorizzazione di varietà tradizionali
"C'è spazio, seppur piccolo, per la valorizzazione di varietà tradizionali. Un impianto ha una vita media di circa 20 anni. Si ipotizza quindi una riconversione del 5% della superficie investita, ovvero oltre 2.000 ettari all'anno - ha precisato La Notte - L'omologazione di cloni di Baresana e Regina (biotipo Pizzutella) rappresenta un risultato importante per la valorizzazione delle varietà tradizionali. Allo stesso modo, l'omologazione di cloni di Victoria, Italia, Palieri e Regina può consentire un miglioramento anche di produzioni che già si fregiano di un marchio. Si pensi, ad esempio, a quello Uva di Puglia IGP".

Per quanto concerne la varietà Baresana, il ricercatore ritiene che ci sarebbero le condizioni per poter ambire al riconoscimento di un marchio. "Manca però la volontà, in primis da parte dei produttori".

Con la rivoluzione delle varietà apirene, parlare di valorizzazione della tradizione ha ancora un senso?
"Esiste una sorta di convivenza tra innovazione e tradizione. Nessuno dice di non seguire le richieste commerciali, ma ci sono mercati diversi in cui anche il mantenimento di uve tradizionali può essere qualificante - ha sottolineato La Notte - La valorizzazione di tali uve può avvenire anche in maniera indiretta, attraverso, per esempio, l'uso dei parentali nei programmi di miglioramento genetico. In Puglia, attualmente, sono attivi tre programmi di breeding".