“Se si valuta il totale annuale dell’ortofrutta italiana, può sembrare che siamo un paese che produce più di quanto consuma. In realtà, questo è vero solo in parte, perché stagionalmente vi sono grosse differenze e, specie nel periodo invernale, siamo importatori anche di ortofrutta, in particolare di verdura, perché le nostre produzioni nazionali non riescono a soddisfare tutta la domanda”. Lo afferma Gianluca Bagnara, economista e consulente, analizzando i dati Ismea.
Dati Ismea sulla situazione italiana di produzione cibo
I dati Ismea del 2020 mostrano che l'Italia produce il 94% degli agrumi che consuma, il 99% degli ortaggi che consuma, mentre per la frutta vi è un'eccedenza del 18% rispetto a quanto consumato. Ma Bagnara suggerisce di ragionare su questi dati, "infatti le importazioni anche di ortofrutta che potremmo produrre a livello nazionale sono notevoli, specie in alcuni periodi dell'anno". Come dire, in alcune stagioni abbiamo sovrabbondanza di produzione, in altre siamo carenti. Ma, sfruttando specialmente i territori più meridionali o potenziando le coltivazioni protette si potrebbe ovviare a queste mancanze.
"La guerra in Ucraina - aggiunge Bagnara - sta facendo riflettere l'Unione europea, tanto da ripensare le strategie in agricoltura. Ora la parola d'ordine non è più "ecologia a tutti i costi", ma produrre cibo in modo da non dipendere dall'estero. L'Italia è fortemente a rischio insicurezza alimentare per il basso grado di autoapprovvigionamento e forte esposizione all'importazione di materie prime agricole".
Peperoni spagnoli in GDO italiana
Occorre dunque invertire la rotta e fare qualcosa di concreto. "La prima cosa su cui agire - precisa Bagnara - è programmare la produzione italiana pensando all’autosufficienza. Poi si devono utilizzare a scopo agronomico i reflui zootecnici per il miglioramento dei terreni ed evitare l'uso dei concimi di sintesi, evitando così la totale dipendenza dall'estero. Coltivare prodotti a basso impatto energetico e di consumo di acqua”.
Altre misure da adottare sono potenziare le infrastrutture logistiche e di stoccaggio in Italia e negoziazione in Commissione Europea di un Energy Recovery Fund per la copertura dei costi energetici straordinari lungo le filiere manifatturiere.
"Per affrontare la grave crisi internazionale - precisa - che sta bloccando l'attività per il rincaro e mancanza di materie prime e mezzi tecnici, ma allo stesso tempo essere in grado di sostenere uno sviluppo necessario a garantire la sicurezza alimentare anche in momenti di guerra, è necessario muoversi lungo due assi di intervento. Le misure a breve, dando respiro finanziario immediato alle imprese con una moratoria generale; e le misure di sviluppo strategico di integrazione delle filiere nazionali e anche estere".