Iscriviti alla nostra newsletter giornaliera e tieniti aggiornato sulle ultime notizie!

Iscriviti Sono già iscritto

State utilizzando un software che blocca le nostre pubblicità (cosiddetto adblocker).

Dato che forniamo le notizie gratuitamente, contiamo sui ricavi dei nostri banner. Vi preghiamo quindi di disabilitare il vostro software di disabilitazione dei banner e di ricaricare la pagina per continuare a utilizzare questo sito.
Grazie!

Clicca qui per una guida alla disattivazione del tuo sistema software che blocca le inserzioni pubblicitarie.

Sign up for our daily Newsletter and stay up to date with all the latest news!

Registrazione I am already a subscriber
L'avvocato Roveda spiega i delicati meccanismi fra le due parti

Rapporti con la Gdo: la legge tutela il fornitore?

I rapporti commerciali tra la grande distribuzione organizzata e i fornitori, come rilevato dall'Autorità Antitrust nella nota "Indagine conoscitiva sul settore della GDO", sono caratterizzati dallo squilibrio determinato da un mercato in cui la domanda è concentrata in un ristretto numero di acquirenti, mentre l'offerta è frammentata in un numero indefinito di venditori. Tra le varie problematiche, connesse all'asimmetria di questo rapporto, ve ne è una di particolare rilievo che tiene in apprensione gli operatori. La questione si può riassumere nella seguente domanda che rivolgiamo all'avvocato Gualtiero Roveda.

FreshPlaza (FP): Se gli Organi di controllo contestano alla GDO l'irregolarità di una partita, come nel caso ad esempio di supposta violazione della normativa sui residui di fitofarmaci, quest'ultima può escludere il venditore della merce dalla lista dei fornitori?

Gualtiero Roveda (GR): Secondo la disciplina dei "contratti in generale" il contraente è, in linea di principio, libero di scegliere se e a quali condizioni contrattare. Nei contratti fra imprese, tuttavia, in ambito nazionale, è prevista una deroga legislativa sia nella Legge antitrust (L. 287/90), sia nella Legge sull'abuso di dipendenza economica (L. 192/98). In questi casi, l'impresa deve provare una giustificazione economica dell'applicazione alle sue controparti di condizioni diverse.

Si consideri, ad esempio, il rifiuto della società A a stipulare un contratto con la cooperativa di produttori B, sua fornitrice abituale di ortofrutta. Quest'ultima, in conseguenza del rifiuto a contrarre oppostogli da A, si trova in grossa difficoltà nel collocare i prodotti conferiti dagli agricoltori. Ne consegue che il comportamento di A potrebbe risultare distorsivo della concorrenza, qualora producesse l'effetto di costringere B a cessare l'attività, a causa del venir meno di un essenziale sbocco commerciale per la merce. In questa fattispecie, sembra potersi individuare un'ipotesi di sfruttamento abusivo della posizione di vantaggio mediante il rifiuto a contrarre opposto dal fornitore a un suo cliente abituale.



Si deve tener presente che l'orientamento maggioritario ritiene che, per integrare un comportamento illegittimo, non è necessario che l'impresa abbia intenzionalmente voluto limitare la concorrenza del proprio cliente abituale. Ne consegue che è da considerarsi abusivo il rifiuto a contrarre, pur in assenza della volontà diretta a estromettere la fornitrice dal mercato, quando tale comportamento determini, di fatto, un effetto anticoncorrenziale.
Ciò premesso ritengo che, in linea di principio, la mera contestazione di una irregolarità non possa giustificare il rifiuto a contrarre.

FP: Come si concilia la questione con la circostanza che in sede di giudizio per reati o illeciti amministrativi in materia alimentare, l'operatore deve dimostrare la propria diligenza, provando di aver selezionato con cura i fornitori?
GR: E' necessario trovare un equilibrio tra gli obblighi imposti dalle diverse normative. A mio avviso, se ne esce solo operando con grande professionalità. Rifacendomi al precedente esempio, ritengo difficile da giustificare l'esclusione del fornitore B, per la mera contestazione di una partita di merce da parte delle Autorità, a meno che non sia supportata da una rigorosa istruttoria interna ad A, con garanzie di difesa in capo a B, sulla responsabilità di quest'ultimo e sul particolare disvalore del fatto addebitato.



FP: Se il rifiuto a contrarre è ritenuto ingiusto, quali sono le forme di tutela per l'azienda esclusa?
GR: L'impresa, che si ritenga pregiudicata da un comportamento abusivo, può sia proporre un'istanza all'AGCM (la cui attività è finalizzata a proteggere gli interessi pubblici della concorrenza) sia rivolgersi all'autorità giudiziaria per tutelare posizioni di natura privatistica come, ad esempio, il risarcimento del danno, la rifusione delle spese e la possibilità di ottenere provvedimenti cautelari.

FP: E' noto che le sanzioni in materia antitrust sono particolarmente severe...
GR: Assolutamente. In materia, è facile parlare di milioni di Euro. Nei casi in cui un'istruttoria si concluda con l'accertamento di un comportamento vietato, l'Autorità diffida l'impresa dal tenere in futuro un comportamento simile e può infliggere una sanzione pecuniaria fino al 10% del fatturato dell'azienda coinvolta, in funzione della gravità e della durata della violazione. Molte grandi imprese, per evitare di incorrere in sanzioni, adottano protocolli di compliance antitrust, sul modello del D.Lgs. 231/01, al fine di promuovere una politica commerciale conforme alle regole di concorrenza nazionali e UE.