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Scaffali e geopolitica: la reazione di una catena della Gdo al conflitto in Medio Oriente

La questione dei rapporti commerciali con Israele da parte di aziende italiane ed europee (e globali) è oggi oggetto di attenzione e, in alcuni casi, di dibattito pubblico. I potenziali effetti reputazionali, commerciali o politici variano in base al settore coinvolto, alla natura dei rapporti e al contesto operativo. Nell'ambito della Grande distribuzione organizzata (Gdo), il tema può rivelarsi particolarmente delicato, soprattutto per quanto riguarda l'origine dei prodotti alimentari e l'etichettatura delle merci.

In Italia, alcune iniziative della società civile fanno riferimento alla campagna internazionale BDS (Boycott, Divestment, Sanctions), che invita al boicottaggio di beni e servizi provenienti da Israele o da aziende ritenute coinvolte nelle attività nei Territori Palestinesi Occupati. Alcuni gruppi della Gdo - vedi ad esempio Carrefour, Coop, Conad, MD, Eurospin, LIDL, Esselunga, PAM - sono stati oggetto, anche in passato, di proteste o richieste da parte di associazioni e consumatori in merito alla presenza sugli scaffali di prodotti israeliani, come avocado, arachidi, mango, datteri e altri.

Coop Alleanza 3.0, il 24 giugno 2025, ha diffuso una nota ufficiale nella quale ribadisce la propria posizione sulla crisi in Medio Oriente. "Non si può rimanere indifferenti davanti alle violenze in corso nella Striscia di Gaza e la Cooperativa è da sempre e senza esitazione al fianco di tutte le forze - enti, istituzioni e associazioni - unite nel chiedere l'immediata cessazione delle operazioni militari", si legge nel comunicato. La stessa nota riferisce inoltre che, in coerenza con tale posizione, la cooperativa ha deciso di rimuovere dai propri scaffali alcune referenze prodotte in Israele, tra cui arachidi, salsa tahina e prodotti a marchio Sodastream.

Negli ultimi anni, anche nel nostro Paese, si è registrata, da parte di fasce sempre più ampie di consumatori – in particolare giovani e residenti nei grandi centri urbani – una crescente attenzione a temi legati alla sostenibilità, ai diritti umani e alla provenienza etica dei prodotti. In questo contesto, articoli etichettati come "made in Israel" possono attirare l'attenzione, soprattutto se si sospetta che provengano da aree considerate controverse dal diritto internazionale. L'Unione europea, infatti, richiede che i prodotti originari degli insediamenti israeliani, come la Cisgiordania, siano etichettati in modo distinto rispetto a quelli provenienti dal territorio riconosciuto dello Stato di Israele.