
"L'obiettivo di questo incontro – ha spiegato il dottor Ottavio Cacioppo, moderatore della serata di approfondimento – è quello presentare ai coltivatori di kiwi un'alternativa alle strategie convenzionali di lotta alla Psa (Pseudomonas syringae pv. actinidiae), la batteriosi del kiwi che negli ultimi anni ha causato gravi perdite economiche alle coltivazioni di actinidia, principalmente in Italia e in Nuova Zelanda."
L'alternativa è rappresentata dalla terapia fagica che utilizza batteriofagi (fagi). La terapia fagica consiste nell'isolare, caratterizzare e selezionare dei virus in grado di infettare esclusivamente le cellule batteriche eliminandole per lisi, ossia facendole scoppiare e successivamente moltiplicandosi al loro interno.
Nel caso specifico, i batteriofagi oggetto di studio sono stati due: il φPSA1 e il φPSA2. Il φPSA2, fago litico della famiglia Podoviridae, è risultato essere un buon candidato per la terapia fagica contro la batteriosi del kiwi.

"Il potenziale impiego dei batteriofagi come agenti terapeutici in agricoltura è stato studiato sin dal 1917, anno della loro scoperta – ha illustrato il professore Gustavo Di Lallo che, assieme ai colleghi Matteo Evangelisti e Domenico Frezza sta portando avanti la sperimentazione per l'uso dei batteriofagi nella lotta alla batteriosi del kiwi presso l'Università di Tor Vergata, Dipartimento di Biologia a Roma. - In realtà, in agricoltura, alcuni risultati positivi sono già stati ottenuti e in America sono attualmente in commercio prodotti che utilizzano i fagi come terapia in campo agricolo."
Per quanto riguarda l'uso della terapia fagica per la lotta alla batteriosi del kiwi è però necessario riflettere su alcuni elementi. "Il principale ostacolo al loro uso in campo agricolo è rappresentato dagli spazi aperti. – ha illustrato il professor Gustavo Di Lallo attraverso le slides - In modo particolare ci sono diversi fattori ambientali che spesso sfuggono al nostro controllo: temperatura, irraggiamento solare (UV), PH e umidità. C'è poi da considerare l'accessibilità del batterio che spesso occupa spazi protetti all'interno della pianta, la popolazione policlonale del patogeno e la selezione di ceppi resistenti."
Per affrontare la diversità batterica è quindi necessario selezionare batteriofagi ad ampio spettro, allestire "cocktail" fagici per aumentare la copertura e contrastare i batteri resistenti e monitorare frequentemente la popolazione dei batteri patogeni.

"In sintesi – ha concluso il professor Di Lallo - possiamo dire che i batteriofagi presentano diversi vantaggi: sono ampiamente distribuiti in natura; sono capaci di replicarsi in presenza del batterio ospite; non sono tossici per l'uomo, gli animali e le piante; sono specifici per il batterio patogeno e non alterano la componente batterica benefica; sono relativamente economici da isolare, produrre e conservare. Presentano però dei problemi: i batteri possono mutare facilmente e diventare resistenti al fago; i fattori ambientali possono ridurre drasticamente il numero dei batteriofagi sulla pianta (esposizione ai raggi UV, disidratazione, alte temperature); le formulazioni protettive per aumentare la longevità dei fagi non sono ancora adeguate; sono efficaci solo se presenti poco prima della comparsa del patogeno e sono richieste più applicazioni nel periodo di massima diffusione del patogeno."
L'intervento del professor Di Lallo è stato seguito dal professor Matteo Evangelisti che è entrato nel dettaglio della tematica, illustrando alla platea in che modo il team di ricerca ha isolato e caratterizzato i batteriofagi.

"Attualmente i metodi di contrasto a Psa viene prevedono l'impiego di composti a base di rame o l'uso di streptomicina, oppure altri metodi alternativi come i composti antibatterici (nanoparticelle di argento), elicitori. In alternativa, è possibile avvalersi della terapia fagica – ha relazionato attraverso alcune slides il professor Matteo Evangelisti – Lo scopo della nostra ricerca è stato quello di isolare, analizzare e descrivere le caratteristiche biologiche e molecolari di due batteriofagi di Psa per un loro eventuale utilizzo per il controllo e la prevenzione della batteriosi del kiwi."
"Sono pertanto stati isolati i batteriofagi o fagi φPSA1 e φPSA2 prelevandoli rispettivamente dalle foglie infette di A. Deliciosa e dalle acque reflue della rete fognaria di Roma Sud. Si è a questo punto studiato: la morfologia del virus, l'assorbimento, la resistenza alla temperatura, la resistenza al PH, la caratterizzazione molecolare ed altri aspetti. Al termine dello studio abbiamo potuto constatare che il fago φPSA1 non è un buon candidato per la terapia fagica mentre φPSA2 è un fago litico molto efficiente, candidato ad essere testato per un'eventuale terapia fagica. Questa caratterizzazione rappresenta un punto di partenza per un'ulteriore analisi del suo agente di biocontrollo per il cancro batterico del kiwi."
Lo studio condotto dall'équipe di Tor Vergata ha permesso di rilevare importanti elementi. Siamo però solo a un primo tassello e sono dunque necessari ulteriori studi e approfondimenti futuri. Si dovrà infatti continuare a lavorare per perfezionare i risultati: si dovranno isolare nuovi batteriofagi, si procederà con il sequenziamento del genoma e con l'analisi bioinformatica e si effettueranno delle prove di sperimentazione sulle piante.
Per maggiori informazioni:
Gustavo Di Lallo
Tel.: (+39) 06 72594243
Email: dilallo@uniroma2.it