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Alt'Carpo: un sistema di protezione contro la carpocapsa, che riduce drasticamente i trattamenti

Dal 2008, in Italia si sta sperimentando Alt'Carpo, una tecnica di protezione grazie alla quale è possibile ridurre notevolmente, sino ad azzerarli, gli interventi fitosanitari contro la carpocapsa. Alt' si riferisce sia alla modalità alternativa, che alla barriera fisica che si installa intorno agli alberi, costituita da reti simili a quelle antigrandine, utilizzate però per contrastare l’insetto.

Alt'Carpo rappresenta uno degli ambiti di ricerca del progetto AGER Innovapero, su cui la Fondazione Fratelli Navarra di Ferrara, il Tecnopolo Terra&Acqua Tech dell'Università di Ferrara e il CReSO di Cuneo stanno lavorando per ottimizzare il metodo.



FreshPlaza ha raggiunto Fabio Galli, coordinatore delle attività sperimentali della Fondazione Navarra e responsabile del gruppo di lavoro progettuale, cui ha chiesto maggiori dettagli sulla tecnica e i risultati raggiunti sinora.
 
FreshPlaza (FP) – Dottor Galli, in cosa consiste il metodo Alt'Carpo?

Fabio Galli (FG) - Consiste nel coprire le piante con delle reti in modo da impedire il volo degli insetti adulti e il loro accoppiamento. Presso i nostri frutteti stiamo sperimentando due diverse tipologie di copertura: la rete monofila (nella foto sopra), dove ogni singola fila è coperta dalla rete, e la rete monoblocco (nella foto sotto), cioè la chiusura in blocco di un intero appezzamento delle dimensioni di circa un ettaro. Da quanto stiamo verificando qui, il monofila è più efficace. Presso il CReSO, invece, abbiamo testato il solo monoblocco.

FP – Come si sviluppa la sperimentazione?

FG - Ci sono due linee di ricerca: la prima consiste nel vedere se e di quanto si riescono a contenere i danni da carpocapsa in funzione della tipologia di copertura adottata; la seconda, nel fornire all'agricoltore soluzioni pratiche ed economiche per l'apertura e chiusura delle reti che, durante le operazioni colturali come ad esempio la raccolta e la potatura - in potatura le reti solitamente sono già aperte - devono essere alzate e abbassate.

FP – Cosa può dirci dei principali risultati ottenuti nel 2011 e 2012?

FG - Un primo risultato positivo è stato ottenuto presso il CReSO dove - senza effettuare specifici trattamenti contro la carpocapsa - abbiamo verificato che i frutti delle piante coperte con il monoblocco hanno avuto un danno attorno allo zero, al contrario dei frutteti vicini, non coperti, in cui il danno è stato evidente. Risultato positivo anche all’interno dei pereti coperti con il monofila e il monoblocco presso la Fondazione Navarra: il bacato è assente, al pari dei pereti utilizzati come testimoni di confronto e quindi trattati con gli insetticidi.



FP - Quindi è corretto affermare che il metodo Alt'Carpo permette di ridurre i trattamenti?

FG - Sì, l'impiego di tali reti ha permesso di ridurre in maniera consistente il numero di trattamenti utilizzati: secondo i dati raccolti dalla Fondazione Navarra, la distribuzione di insetticidi si riduce del 64,7% rispetto al frutteto aziendale che avevamo come testimone.

Nei confronti invece di altri insetti o funghi del pero – psylla, cocciniglia, tentredine, maculatura e ticchiolatura - non abbiamo riscontrato differenze apprezzabili, sia in positivo sia in negativo. Pertanto sono stati effettuati i consueti trattamenti.

FP – State lavorando anche sui sistemi di meccanizzazione per l'apertura e chiusura delle reti?

FG - Ci siamo concentrati principalmente sulla rete monofila. Abbiamo individuato tre tipologie di movimentazione: a singolo braccio rigido, a doppio braccio rigido e con elastici. Le prove sono state effettuate su filari di oltre 200 metri di lunghezza e tutte le soluzioni verranno testate nei prossimi mesi per verificarne la corretta funzionalità. Grazie a opportuni sistemi di misurazione, creati dal dipartimento di Ingegneria dell'Università di Ferrara, siamo inoltre riusciti a valutare la resistenza delle piante alla movimentazione della rete, in modo da minimizzare il danno alle stesse piante durante le fasi di apertura e chiusura.

FP - In cosa si differenziano i tre meccanismi?

FG - Nel sistema a braccio rigido ci sono dei bracci metallici attaccati ai pali di sostegno dei filari e ruotano dal basso all’alto grazie all’uso di verricelli con funi metalliche, permettendo di sollevare la rete.

Nel caso in cui lo spazio lo consenta, il sistema a doppio braccio rigido lascia scoperti i primi 40-50 cm di pianta: l’insetto non vola così in basso e questa soluzione permette di intervenire sulla parte inferiore della pianta, nonché di avere una struttura maggiormente resistente al vento.

La terza opzione prevede invece l'utilizzo di elastici che collegano le reti di due filari contigui per tenere distanziata la rete dalla pianta. Si tratta della soluzione più economica e permette di variare lo spazio dedicato alla pianta in base alla lunghezza scelta per gli elastici.

FP - E per la rete "monoblocco" cosa state realizzando?

FG - Per il monoblocco abbiamo previsto due soluzioni differenti a seconda che la capezzagna sia coperta o scoperta: nel primo caso, si stende una rete fissa lungo i lati e il tetto del campo e si lascia una sola apertura da cui entrare con le macchine operatrici. Nel caso di capezzagna scoperta sarà un'intera parete ad aprirsi e non solo la singola porta. Per entrambe le soluzioni si accede all’interno grazie a un verricello manuale che solleva le reti d’entrata.

FP – Esiste una normativa particolare per la costruzione di queste strutture, monoblocco e monofilare che siano?

FG - Questo è un aspetto da definire meglio. In Europa e negli Stati Uniti non esiste una normativa specifica. Pertanto i ricercatori del dipartimento di Ingegneria del Tecnopolo Terra&Acqua Tech dell'Università di Ferrara - il professor Roberto Tovo affiancato da Dario Lucchi ed Enrico Maggiolini - hanno applicato con le opportune interpretazioni, le stesse normative degli edifici, mettendo a punto specifiche relazioni tecniche sia per monoblocco che per monofilare.

FP – Un'ultima domanda: quali sono gli obiettivi per il 2013?

FG - Il professor Giacomo Zanni, del dipartimento di Ingegneria dell'Università di Ferrara, farà un'analisi economica sulle due tipologie di impianto e relative movimentazioni mentre lo staff del CReSO, guidato dal professor Graziano Vittone affiancato da Laura Asteggiano, proseguirà gli studi relativi agli ambienti piemontesi. Presso la Fondazione Navarra, Stefano Vergnani, Denis Verzella e io verificheremo un nuovo impianto, realizzato nel 2012, che ci permetterà di avere ulteriori importanti risultati per l'applicazione su vasta scala di questo sistema.

Contatti
Fondazione Fratelli Navarra

Via Conca 73 B
44123 Malborghetto di Boara (FE)
Tel.: 0532 756110
Fax: 0532 705264
Email: fabio.galli@fondazionenavarra.it
Web: www.fondazionenavarra.it