Per saperne di più, FreshPlaza ha intervistato uno di loro, Sauro Graziani, responsabile del settore actinidia dell'Ufficio tecnico di Agrintesa, tra le più importanti cooperative per la produzione e commercializzazione del kiwi italiano.
"Grazie a Mirko Montefiori, il ricercatore di origine faentina ora impegnato al Plant & Food Research che ha organizzato le nostre visite, abbiamo potuto incontrare diversi studiosi e sperimentatori che si occupano della malattia, ma anche della gestione agronomica e della difesa delle piante, oltre che della ricerca genetica. A Mont Maunganui, abbiamo incontrato anche il personale tecnico di Zespri", racconta Graziani.

Una delle sedi della Plant & Food Research a Te Puke (Nuova Zelanda).
"Il viaggio ha permesso di osservare da vicino la difficile situazione della Nuova Zelanda: il kiwi a polpa gialla (cv. Hort 16A) - che occupava circa il 20% della superficie actinidicola totale, 14.000 ettari circa - ora è praticamente decimato, forse ne restano meno di 1.000 ettari. Le uniche zone dove resiste un po' di produzione sono a nord e a sud-est di Auckland e nella zona di Nelson, nell'Isola del Sud."

Impianto di Hort 16A distrutto dal batterio Psa.
"Nella Bay of Plenty, Hort 16A è praticamente scomparsa, hanno tagliato 2.000 ettari nel giro di un anno; quello che più sorprende, nonostante siano letteralmente invasi dal batterio, è che abbiano reinnestato molti impianti con G3 (Gold3 o SunGold), una nuova varietà a polpa gialla più gestibile dal punto di vista agronomico ma, comunque, non resistente al Psa", continua Sauro spiegando: "Questa varietà, infatti, difficilmente potrà sopravvivere nelle condizioni edafiche e climatiche che abbiamo constatato, perché non manifesta una reale tolleranza alla batteriosi. La sensazione è che si sia perso un po' il controllo. D'altra parte, prima dell'arrivo di questa patologia, con il kiwi a polpa gialla si parlava di redditi di circa 40.000 euro/ha e quindi si comprende bene che tipo di tensione possa esserci, con l'inevitabile ricerca di possibili soluzioni, forse affrettate."
"Oltretutto, hanno tagliato sotto all'Hort 16A e reinnestato la G3 sul portinnesto Bruno da seme, una decisione che anche ai loro stessi ricercatori è apparsa alquanto rischiosa." Nella foto accanto: in un campo prova di Zespri, innesto di G3 su pianta di Bruno con primi sintomi di malattia.
"Il batterio ha un range di massima moltiplicazione da 5 a 20°C, con un picco a 15°C e, nelle loro particolari condizioni climatiche – con piogge frequenti e temperature medie estive di 23-24°C e di 14°C in inverno – il batterio si moltiplica con estrema facilità per 365 giorni all'anno. Da questo punto di vista, l'Italia presenta condizioni generalmente meno favorevoli alla batteriosi. Da noi, almeno, il batterio sembra non avere attività tra dicembre e gennaio, come pure in estate, da metà giugno a metà settembre, con temperature alte e precipitazioni quasi assenti", osserva Sauro Graziani.

Impianto neozelandese di Hort 16A ora reinnestato con G3.
"Nella zona di Te Puke, con il tecnico del centro di confezionamento Seeka, Murray Judd, e il responsabile tecnico di Zespri, Shane Max, abbiamo visitato impianti di G3 che, nelle condizioni di massima pressione batterica, presentano chiari sintomi della malattia, anche se la velocità di progressione nella pianta è molto più lenta rispetto a Hort 16A."

Te Puke: campo prova di Zespri con G3 innestato a primavera e alcuni sintomi di attacco da Psa. A sinistra, una barriera protettiva con rete fitta per impedire la diffusione del batterio.
"La situazione è talmente seria dal punto di vista economico che la stessa Zespri ha creato un centro di assistenza psicologica per i produttori, cosa che non ha precedenti al mondo", riferisce il tecnico di Agrintesa. "E' stato scioccante vedere tutto ciò da vicino. L'actinidia, oltretutto, è una pianta che ci ha sempre stupito per la sua vitalità. Anche in Italia, su Hort 16A non ci sono tante speranze - e non ci sono mezzi per contrastare il batterio – mentre sul kiwi a polpa verde Hayward, adottando sistemi chimici e agronomici, si può rallentare la progressione del batterio e aiutare la pianta a convivere con la malattia."
Ricerca
"Zespri, Plant & Food Research e diverse packing house – prosegue Sauro - stanno investendo moltissimo per cercare di studiare la biologia del batterio e il suo rapporto con ambiente e pianta. Fino a poco tempo fa il miglioramento genetico lavorava su qualità del frutto, pezzatura, colore ed estetica; ora si aggiunge un'altra priorità: la ricerca del carattere legato alla tolleranza allo Pseudomonas. Stanno, però, ancora lavorando con materiale antecedente all'arrivo del cancro batterico e quindi, nei campi sperimentali, si stanno testando selezioni probabilmente prive del carattere della tolleranza al batterio. Testano 10-15 nuovi genotipi all'anno, in sette differenti aree (sei nell'Isola del Nord e una a Nelson, nell'Isola del Sud), continuando a fare valutazioni agronomiche solo sui semenzali che sopravvivono."
"A Te Puke dispongono di alcune migliaia di genotipi di actinidia più o meno sensibili al batterio che usano come genitori. La percezione è che, grazie a moderne biotecnologie, abbiano già ottenuto qualcosa di interessante, ma è prematura qualunque valutazione. C'è apprensione, e anche fretta, per trovare valide alternative a polpa gialla, perché i neozelandesi considerano il kiwi a polpa verde una commodity mondiale, ormai difficilmente valorizzabile più di quanto non avvenga già", commenta Graziani.

Struttura protetta in cui Zespri conduce prove di controllo dello sviluppo del batterio in assenza di piogge.
"Riguardo alla difesa, stanno provando diversi induttori di resistenza, in particolare fosfiti, e prodotti a base di rame, in varie combinazioni ed epoche fenologiche. Stanno testando anche alcuni antibiotici, cosa non ammessa in Italia. Per fronteggiare il problema dal germogliamento alla fioritura usano rame e, poco prima della fioritura, streptomicina. In inverno solo rame."

Campo sperimentale ove Zespri conduce prove con piante in vaso e simulazione del comportamento del batterio con o senza pioggia.
"La ricerca neozelandese – aggiunge Graziani - sta lavorando sulla potatura verde perché, alle loro condizioni, i rischi di penetrazione del batterio nella pianta sono molto alti. Sembra, infatti, che la cicatrizzazione dei tagli in questo periodo sia molto lenta. Diradamento dei frutti, irrigazione, concimazione e impollinazione incrociata sono gli altri fattori su cui si sta concentrando l'impegno dei ricercatori."
Il batterio
In Nuova Zelanda, come del resto anche in Italia (vedi notizia su FreshPlaza del 24/11/2011) hanno già sequenziato il genoma del batterio per conoscerne meglio il comportamento, la capacità di sopravvivenza e le fonti di diffusione e comporre a partire da queste conoscenze dei modelli previsionali. Il Kiwifruit Vine Health (KVH), il Centro costituito 18 mesi orsono che si occupa di monitoraggio della batteriosi e di divulgazione ai produttori, elabora sistemi di predizione della rischiosità di infezione a 2 e 6 giorni e redige settimanalmente bollettini tecnici online."
"Con questa mole di lavoro, e con la forza di un unico ente che sviluppa la ricerca, fortemente supportato dal mondo della produzione, anche a fronte degli ingenti investimenti sostenuti in tal senso - oltre 30 milioni di euro, metà pubblici e metà privati - probabilmente in pochi anni riusciranno a individuare un sistema per convivere con il batterio. Sarà complicato, ma la mia impressione, e speranza, è questa", conclude Sauro Graziani.