In occasione dell'Assemblea annuale di FruitImprese, svoltasi lo scorso 22 aprile 2010, a Roma (vedi precedente articolo), si è tenuto un convegno dal titolo: "Impresa, etica, mercato: Fruitimprese si interroga".
L'associazione si è avvalsa dell'eccellente contributo del Prof. Maurizio Dallocchio, ordinario e titolare della cattedra "Nomura" dell’Università Bocconi di Milano, per trattare il tema "Le prospettive delle imprese tra etica e mercato", dal quale sono scaturiti straordinari elementi di riflessione per l'impostazione delle strategie aziendali di piccole, medie e grandi imprese nel medio-lungo termine.
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Il Prof. Maurizio Dallocchio. (Foto: FreshPlaza)
Il Prof. Dallocchio ha riunito insieme, nella sua presentazione, diversi studi realizzati dall'Università Bocconi, dando all'insieme un taglio estremamente pragmatico: "Che so voi apprezzerete", ha esordito.
Le premesse da cui la relazione si è dipanata sono essenzialmente tre:
1) La finanza, come impresa che dovrebbe essere al servizio delle altre imprese e non fine a se stessa, deve riscoprire l'etica, pena il naufragio collettivo per l'intera società.
2) Se la creazione di valore è un elemento imprescindibile per qualunque attività imprenditoriale, ciò non significa che tale valore debba essere creato a scapito di altri elementi vitali, quali i singoli individui, l'ambiente o la società nel suo complesso. Il valore va dunque creato nel rispetto delle regole.
3) Il concetto di "sostenibilità", intesa come coesistenza armonica dell'impresa nella società, grazie allo sviluppo di progetti a lungo termine, non può rimanere una semplice e vuota parola.
Per fare subito un esempio concreto di "sostenibilità", Maurizio Dallocchio ha preso brevemente in esame il caso della banca d'affari Goldman Sachs, recentemente al centro dell'ennesimo scandalo sulla finanza deviata, la quale è stata alla base dell'attuale crisi economica mondiale: "Sapete quanto ha guadagnato in media ciascun singolo dipendente della Goldman Sachs nel 2006? Ben 623.000 dollari a testa. E' evidente che un simile profitto sia l'effetto di una gigantesca distorsione del mercato e che non sia per niente sostenibile nel lungo periodo, come infatti non è stato".
I due dilemmi della sostenibilità
Il Prof. Dallocchio ha preso separatamente in esame i due "rebus" principali da risolvere quando si parla di sostenibilità di un sistema imprenditoriale ed economico.
1) Prezzo contro Qualità
2) Profitto contro Etica
I due dilemmi mettono in contrapposizione non soltanto delle semplici parole, ma interi modi di considerare e gestire le imprese, con ciò generando riflessi sull'intero sistema socioeconomico.
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La relazione del Prof. Dallocchio è stata seguita con vivo interesse dai presenti, tra i quali anche il Presidente della Commissione Agricoltura al Parlamento Europeo On. Paolo De Castro (primo a sinistra in prima fila - Foto: FreshPlaza).
Quando il prezzo troppo basso diventa insostenibile
Un'impresa che spinga solo sulla competizione in termini di prezzo, per esempio, genererà tutta una serie di conseguenze a catena sul sistema nel suo complesso, tra cui l'impossibilità di destinare parte dei profitti all'innovazione (prezzi di vendita troppo bassi), la rincorsa al prezzo sempre più stracciato con altri competitors, la pressione dell'intera filiera commerciale sull'anello più debole, cioè quello della produzione e, in definitiva, un modo dissennato e del tutto antieconomico di sfruttamento delle risorse naturali, le quali invece non sono certo infinite (e dunque non andrebbero "svendute").
Esaminando l'evoluzione, dagli anni '50 a oggi, del prezzo di alcuni generi di prima necessità venduti in Italia, si nota che, tranne alcune eccezioni, il prezzo attuale si discosta poco - e in alcuni casi risulta inferiore - dalla semplice rivalutazione all'inflazione del prezzo di partenza; questo andamento "piatto" dei prezzi di vendita di beni e servizi si riflette in un complessivo ritardo del nostro Paese in termini di innovazione, in quanto mancano adeguati profitti da reinvestire in ricerca e sviluppo.
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La posizione dell'Italia (barra arancione) in termini di innovazione rispetto agli altri Paesi e anche rispetto alla media UE (barra bianca) risulta molto arretrata.
Lento mutamento di mentalità per le imprese italiane
Una recente indagine condotta nel 2008/09 dall'Università Bocconi su un significativo campione di imprese (circa 600) operanti nei settori merceologici del tessile, dell'alimentare e dell'industriale ha però mostrato un progressivo allontanamento delle imprese da una focalizzazione sulla mera componente prezzo e una crescente attenzione ad aspetti qualitativi del fare impresa, come un maggior servizio al cliente e una forte volontà di innovazione. Ancora scarsa invece, secondo i dati del sondaggio, la propensione delle piccole e medie imprese italiane alla sensibilità verso i temi del rispetto delle risorse ambientali e della collaborazione con aziende concorrenti.
L'etica come metro della sostenibilità aziendale
Venendo poi al dilemma del rapporto tra Profitto ed Etica, qui si è andata snodando la parte più interessante e rivelatrice della relazione del Prof. Maurizio Dallocchio, il quale ha voluto subito precisare un elemento di non poca rilevanza. "Quando sento alcuni miei colleghi sostenere che le imprese che si ispirano a principi etici guadagnano di più, posso dimostrarvi, dati alla mano, che ciò è falso, almeno nel breve termine; ma tale affermazione diventa eccezionalmente vera nel medio-lungo periodo!".
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Il comportamento etico di un'impresa comporta dei costi, in quanto la trasparenza, la correttezza e il rispetto delle regole costano, mentre la "pirateria imprenditoriale" consente di realizzare anche grandi profitti in brevissimo tempo. Le cose però si ribaltano nel lungo termine, in quanto le imprese ispirate a principi etici generano rendimenti più elevati per gli azionisti, mentre quelle senza scrupoli rischiano di fallire con maggiore probabilità.
In un arco ragionevole di tempo, le performances delle aziende socialmente responsabili risultano largamente superiori (+45,51%) rispetto a quelle delle aziende meno responsabili (vedi grafico qui sotto).

Dimmi quanto responsabile sei e ti dirò se fallirai
Il parametro di valutazione dell'etica aziendale è denominato ESG (Environmental, Social and Governance): esso conferisce un rating (pagellina) alle imprese. Tale parametro è ripreso anche dal rating assegnato alle imprese dalla ECPI, la prima società italiana che, sin dalla sua nascita nel 1997, si è occupata esclusivamente di investimenti socialmente responsabili (SRI) - clicca qui per approfondire.
Guardando agli indicatori ECPI, si scopre un elemento sensazionale: la valutazione del merito di responsabilità delle imprese si è dimostrata eccezionalmente predittiva circa il fallimento di quelle aziende che, per comportamenti interni ed esterni, erano state considerate ad un certo punto "ineligible" (non eleggibili) per una valutazione da parte dell'ECPI!
Due i casi eclatanti: il colosso assicurativo americano AIG, che rischia il fallimento nel settembre 2008 (e viene salvato soltanto grazie all'intervento governativo), era già stato scartato, per diverse scorrettezze nella gestione etica d'impresa, da ogni valutazione di responsabilità sociale da parte della ECPI già nel dicembre 2004.
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Il caso AIG.
Anche il fallimento della banca d'affari Bear Stearns era già scritto nel giudizio etico conferitole dall'ECPI, che aveva considerato l'azienda "ineligible" ad aprile 2006 - il default arriverà poi a marzo 2008!
Casi analoghi sono quelli di Enron e di Parmalat, a testimonianza che le imprese pronte a calpestare ogni regola pur di incassare rapidi profitti, hanno vita breve come le bugie e spesso, nel crollare, trascinano con sé anche moltissimi innocenti.
Il decalogo dell'etica
In conclusione, il Prof. Maurizio Dallocchio ha analizzato il decalogo dell'etica, ricordando che un comportamento socialmente responsabile non è qualcosa che si possa imporre alle aziende per legge, bensì è un lento processo di autodisciplina e responsabilità. Quando infatti si comprendono i benefici a lungo termine di un comportamento virtuoso, allora l'etica non viene accettata solo per paura, ma diventa adesione entusiastica e viene integrata spontaneamente nei comportamenti di tutti, a cominciare dai vertici aziendali.
"Esortiamo tutti a proporre con vigore il tema dell'etica tanto nelle aule universitarie, quanto nella comunicazione quotidiana - ha concluso Dallocchio - La responsabilità sociale della finanza e delle imprese deve essere promossa senza tentennamenti, sanzionando e denunciando ogni violazione di quel patto etico non scritto tra aziende e società, al quale tutti coloro che vogliono dirsi veri imprenditori e veri leaders sono chiamati a rispondere".