Spagna: studio sulla presenza di pesticidi nei succhi di frutta
L'indagine, condotta a livello internazionale, è stata finalizzata a determinare la presenza e la frequenza di risultanza di pesticidi in bevande analcoliche a base di frutta, un segmento per il quale, a differenza di quanto accade per frutta e verdura fresche o per altre bevande (come l'acqua imbottigliata) non esistono al momento regolamenti stringenti o controlli esaustivi e neppure una chiara regolamentazione in materia di residui di pesticidi, malgrado i succhi di frutta possano trovare maggiore diffusione in target di popolazione particolarmente vulnerabile, come per esempio quello dei bambini.
La ricerca si è avvalsa di diverse tecniche di screening, in grado di rilevare la presenza di oltre 100 diversi principi attivi e sostanze chimiche. I metodi di analisi sono stati applicati alla misurazione dei livelli di pesticidi su cento campioni di succhi, acquistati in 15 diversi paesi e distribuiti sotto marchi noti a livello mondiale. Le risultanze hanno mostrato concentrazioni relativamente elevate di pesticidi nella maggior parte dei campioni analizzati.
I livelli di concentrazione rilevati sono dell'ordine di microgrammi per litro, dunque molto bassi in confronto ai livelli massimi di residui ammessi (MRL's) fissati dall'Unione Europea per gli ortofrutticoli freschi. Tuttavia, le concentrazioni di sostanze chimiche presenti nel succhi di frutta sono risultate molto più elevate (circa 300 volte di più) di quelle ammesse per altre bevande, come l'acqua in bottiglia.
Le sostanze rilevate nei succhi (per esempio carbendazim, tiabendazolo, imazalil e malatione) sono prevalentemente riconducibili ai trattamenti chimici che vengono effettuati nelle fasi finali della produzione, cioè i cosiddetti trattamenti post-harvest.
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