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Dalle alghe una nuova risorsa per il biofuel

Secondo le stime del Dipartimento per l’Energia statunitense, le alghe sono in grado di produrre dai 4.500 ai 22mila litri di carburante per ettaro, 30 volte l’energia estraibile delle altre coltivazioni destinate al biofuel agricolo, e per di più assorbono durante la crescita cospicue quantità di alcuni composti chimici che sono all’origine delle piogge acide.

Esistono migliaia di specie di alghe adattate ai vari climi. Alcuni ceppi racchiudono fino al 50% di contenuto di olio. La miscela estratta è compatibile con le infrastrutture della filiera petrolifera e richiede poche modifiche ai motori, come testimonia la Mercedes con il pieno di bioalghe che circolava per Salt Lake City durante il Sundance Festival.

L’industria delle alghe è costituita da una trentina di aziende che attraggono investimenti milionari come quelli di Gates. Boeing, Airbus e compagnie aeree come KLM hanno partecipato in ottobre all’Algae Biomass Summit a Seattle. Erano lì per discutere di tecnologie, selezione di specie, soluzioni estrattive e investimenti.

Coltivate attraverso la fotosintesi in stagni all’aperto o in serre riscaldate, le alghe vengono prodotte in diversi modi. Algae Farm una società pubblico-privato partita dalle ricerche della Old Dominion University in Virginia, ha avviato colture in acque reflue.

La GreenFuel dell’exricercatore del Mit, Isaac Berzin, ha brevettato le fattorie energetiche che riciclano anche la CO2: le alghe sono coltivate in bioreattori ricolmi di soluzione nutriente, nei quali si introducono le emissioni di anidride carbonica e gli scarichi idrici recuperati da una centrale elettrica vicina.

La spagnola Aurantia sta varando a Jerez una coltivazione di 100 ettari che produrrà 25mila tonnellate di biomassa. "Rispetto alle colture bioenergetiche, il raccolto di alghe è giornaliero anziché stagionale, l’uso dell’acqua è più efficiente e non richiede concimi", spiega Rafael Naranjo, Ceo della società.

Promettente il sistema della Valcent in Texas che moltiplica la capacità produttiva per ettaro: al posto dei vasconi-acquario si utilizzano pannelli sospesi composti da borse di plastica trasparenti suddivise orizzontalmente in scomparti che contengono l’acqua di coltura delle alghe. Così si massimizza l’energia irradiante dei raggi di luce, si ottimizza lo spazio e minimizza l’acqua.

La Solazyme di San Francisco, grazie all’ingegneria biotech ha ridotto il ciclo produttivo a 3 giorni e sostiene di aver abbattuto il costo a 50 dollari al barile. Le alghe crescono nell’oscurità all’interno di vasche di fermentazione alimentate da zuccheri. In partnership con la Chevron Corporation sta pianificando entro 3 anni la distribuzione negli Usa del biodiesel di nuova generazione.