Due persone su tre sanno che i grassi saturi fanno male e aumentano il rischio di incappare in infarti e ictus, ma meno di uno su due sa che questo pericolo può essere ridotto consumando i grassi insaturi, quelli cosiddetti "buoni". Lo rivela un'indagine condotta da esperti dell'American Heart Association per la quale sono stati intervistati 1000 statunitensi dai 18 ai 65 anni.
Rischio
"I consumatori hanno sentito molto parlare dei grassi "cattivi" e di cosa non devono mangiare - ha spiegato Robert H. Eckel, responsabile della task force sui grassi saturi dell'associazione statunitense - Ma è altrettanto importante che sappiano dove trovare i grassi insaturi e, soprattutto, che consumarli significa diminuire il colesterolo LDL e ridurre il rischio cardiovascolare".
Per ora, poche certezze e tanti falsi miti, come conferma Giovanna Cecchetto, presidente dell'Associazione Nazionale Dietisti: "Spesso, ad esempio, vengono attribuite caratteristiche di "leggerezza" dal punto di vista calorico o della digeribilità a grassi di consistenza fluida (come l'olio di semi rispetto all'olio d'oliva) o meno densa (le margarine rispetto al burro). Invece le calorie sono uguali per tutti: 9 per ogni grammo di grassi, contro le 4 calorie per grammo di carboidrati e proteine. Però le differenze ci sono eccome: i grassi di provenienza animale sono costituiti in prevalenza da acidi grassi saturi, lo stesso accade per le margarine e i grassi idrogenati; i grassi mono e polinsaturi sono sempre di origine vegetale. Attenzione però, alcuni grassi vegetali sono a prevalenza satura: è il caso, ad esempio, dell'olio di palma e di cocco". Insomma, orientarsi sembra un bel rompicapo.
Consigli
Forse non a caso, allora, l'American Heart Association ha creato materiale informativo semplificato, in cui si fa la conoscenza delle "Better Fats Sisters, Mon and Poly", e dei "Bad Fats Brothers, Sat and Trans". Le sorelle buone, ad esempio, insegnano dove trovare i grassi insaturi (olio d'oliva, noci e semi come le mandorle, le noccioline, le noci e i semi di sesamo e di girasole, ma anche avocado o pesci come salmone e trota) ma anche che si tratta pur sempre di grassi, da consumare perciò con moderazione.
"È molto importante leggere sempre le etichette e scegliere prodotti che specificano non solo l'origine dei grassi (vegetale o animale), ma anche la loro tipologia (di quale olio vegetale si tratta? Di semi? Di oliva? Di palma?) e la percentuale dei grassi saturi", consiglia Cecchetto. "Altro elemento di cui tener conto: spesso si fa attenzione e si limita il condimento aggiunto, come l'olio d'oliva crudo sulle verdure, senza far caso piuttosto ai grassi "nascosti" nei cibi. È il cosiddetto "paradosso dei grassi": la presenza del grasso rende gli alimenti molto appetibili e gradevoli, ma allontana molto il senso di sazietà e rende difficile controllarne la quantità".
Trucchi
Come riuscire allora a limitare il consumo di grassi, aumentando allo stesso tempo l'apporto di quelli insaturi (i monoinsaturi dovrebbero essere pari al 20 per cento delle calorie totali giornaliere, i polinsaturi circa il 7 per cento)? "Limitare gli alimenti di origine animale (una porzione, massimo una e mezza al giorno), non avvicinandosi a cibi ricchi di grassi saturi come snack dolci o salati quando si è molto affamati o facendolo solo dopo aver mangiato alimenti più sazianti e meno calorici, come frutta e verdura", risponde la dietista. "Poi, stabilirne la quantità in anticipo e non servirsi direttamente dalla confezione. E scegliere spesso e volentieri l'olio extravergine d'oliva, meglio se crudo, per rendere più gradevoli i piatti: favorisce la digestione e la regolarità intestinale ed è soprattutto un'ottima fonte di acidi grassi "buoni", preziosi per la salute dell'apparato cardiocircolatorio".


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