I produttori italiani trovano l'oro verde nel kiwi - di Tracy Wilkinson
A Campoverde (provincia di Latina), come suggerisce il nome stesso della località, campi verdi si distendono in ogni direzione. Ma dove un tempo dominava l'uva, oggi è arrivato un nuovo re: il kiwi.
Per quanto possa sembrare improbabile, l'Italia è cresciuta fino a divenire il principale paese produttore di kiwi al mondo e, secondo le statistiche dell'istituto nazionale di economia agraria, ha sorpassato perfino la Nuova Zelanda, la patria del nome stesso di kiwi.
Quando si arriva in Italia, in effetti, non è che si pensi al kiwi come prima cosa, anche solo per il fatto che le lettere k e w non fanno nemmeno parte dell'alfabeto italiano. Eppure, la coltivazione del kiwi sta esplodendo, con una produzione annua di oltre 400.000 tonnellate e milioni di dollari di fatturato per gli agricoltori.
Le piante di kiwi si adattano benissimo alle infrastrutture un tempo utilizzate per l'uva e si piantano nella stessa disposizione, in lunghe file parallele. Il fusto viene fissato ad un sostegno e la chioma si sviluppa fino a formare una copertura di foglie, proprio come nei vigneti. Guardate da una certa distanza, le piantagioni di kiwi potrebbero essere confuse con vigne d'uva, se non fosse per le foglie più rotonde, più fitte e di un colore verde più scuro.
Qui, nel cuore della provincia di Latina, dove le fattorie sostituirono le paludi all'epoca di Mussolini, Gianni Cosmi ha gradualmente riconvertito l'azienda di famiglia alla coltivazione del kiwi, lasciando ancora circa 50 acri alla produzione di uva da vino. Trentacinque acri sono oggi piantati completamente a kiwi. Si tratta certamente, come afferma lui stesso, di un cambiamento d'identità, ma anche di un cambiamento proficuo.

Gianni Cosmi nella sua piantagione di kiwi (foto Tracy Wilkinson / Los Angeles Times)
"Uve e vino, quella è la storia - spiega Cosmi - Il kiwi, invece, è l'avventura". O, qualcuno potrebbe dire, il "fattore sorpresa": "Quando dici di produrre kiwi - sottolinea Cosmi - non passi di certo inosservato. Se sei in grado di fornire questo prodotto, tutto il mondo prende nota, in quanto il kiwi viene ancora visto come qualcosa di esotico e di diverso".
Circa l'80% della produzione di kiwi italiani viene esportata, per la maggior parte in Europa, mentre il mercato statunitense ne assorbe il 15%. L'Italia produce in controstagione rispetto alla Nuova Zelanda, offrendo così agli USA la possibilità di approvvigionarsi di questo prodotto per dodici mesi l'anno.
"Anche se il kiwi necessita di molta più acqua rispetto all'uva e di un maggior lavoro manuale - dice Cosmi - con questi verdi frutti gradevolmente aciduli si può guadagnare anche tre volte tanto rispetto all'uva".
Il kiwi attecchisce molto bene nell'Italia centrale, grazie alle favorevoli condizioni climatiche, caratterizzate da inverni non troppo rigidi ed estati relativamente temperate e anche grazie alla composizione vulcanica del suolo. "La coltivazione è biologica per natura - afferma Cosmi - in quanto non abbiamo bisogno di pesticidi e utilizziamo pochissimi fertilizzanti".
Uno dei pionieri nella produzione del kiwi in provincia di Latina fu Renato Campoli, allora molto giovane, che avviò le prime coltivazioni ben trent'anni fa: "Ero alla ricerca di qualcosa di nuovo da fare in campo agricolo - dice oggi Campoli - anche perché la produzione di pomodori, carote e quel po' di allevamento che avevamo non bastavano a sostentare la famiglia".

Renato Campoli, pioniere nella coltivazione del kiwi in provincia di Latina (foto Tracy Wilkinson / Los Angeles Times)
Un giorno, un amico svedese di Campoli s'imbattè in un frutto misterioso, chiamato kiwi e consigliò all'agricoltore di piantarlo. "All'epoca non sapevo nulla di kiwi - ricorda Campoli con un sorriso - non sapevo come coltivarlo, irrigarlo, potarlo!". Il primo anno, Campoli stava quasi per rinunciare. Dopo aver girato in largo e in lungo per tutta Italia cercando invano di trovare un acquirente per le sue prime centinaia casse di kiwi, Campoli s'era quasi deciso a gettare via tutto, quando finalmente una cooperativa biologica nella zona del Lago di Bolsena acconsentì ad acquistare il prodotto.
Lentamente, Campoli costruì quello che lui supponeva sarebbe rimasto un mercato di nicchia. Invece, anno dopo anno, il business crebbe, quanto più il frutto guadagnava in popolarità presso i consumatori italiani e internazionali, fino a posizionarsi come un prodotto controstagionale rispetto all'offerta dell'emisfero meridionale. Tutta la vita di Campoli è stata completamente trasformata e la sua azienda, partita con soli 5 acri, oggi ne conta 50. Suo figlio, che si era allontanato dall'azienda di famiglia, all'assurda ricerca di un lavoro altrove, oggi è tornato sui suoi passi e si sta laureando in ingegneria ambientale per prendere in mano in futuro le redini dell'azienda.
Campoli racconta che lui stesso non aveva mai assaggiato un kiwi, prima di iniziare a coltivarlo. "Aveva uno strano sapore - dice - e alcuni dei miei familiari pensavano che fosse troppo aspro. Oggi, nuove varietà si sono aggiunte al kiwi Hayward, come il più dolce frutto a polpa gialla, introdotto per la prima volta sul mercato dai neozelandesi". Per i prossimi anni, poi, si parla anche dell'introduzione del kiwi rosa (vedi articolo correlato).
I consumatori italiani apprezzano il kiwi e ne consumano più di chiunque altro in Europa, con un quantitativo procapite annuo ben sette volte maggiore di quello consumato negli Stati Uniti. Il prezzo di questi frutti è andato via via diminuendo nel corso degli anni e ora vale solo qualche centesimo di più rispetto a mele o banane.
Tuttavia, proprio qui in provincia di Latina, dove esso viene coltivato, il kiwi non ha improntato la cultura locale: non ci sono statue gigantesche raffiguranti kiwi nelle stazioni di servizio, come accade invece in Nuova Zelanda. Non ci sono fiere del kiwi. Puoi chiedere un kiwi al bar di Campoverde ed essere servito da un barman che non sa tagliarlo nel modo corretto (come abbiamo visto accadere in effetti).
Gianni Cosmi, orgoglioso produttore di kiwi, auspica che le cose possano cambiare in futuro. Cosmi è anche presidente del Consorzio Kiwi di Latina IGP, il marchio ombrello che caratterizza tutta la produzione della zona e nel cui logo campeggia un mezzo kiwi posto dentro l'immagine del Colosseo di Roma.I produttori italiani di kiwi, spiega Cosmi, che tengono anche una convention biennale (introdotta pochi anni fa), stanno pianificando di lanciare una campagna pubblicitaria via radio e TV, su riviste e altri canali, che promuova le virtù nutrizionali del kiwi, come anche la sua coltivazione ambientalmente sostenibile: "Il tutto - conclude Cosmi - per far crescere consumi e mercati. Torni a trovarci tra dieci anni e vedrà che tutte queste zone ancora verdi saranno interamente coperte di kiwi".
Per maggiori informazioni:
Gianni Cosmi - email: [email protected]
Fonte: latimes.com