In passato è stata chiamata, erroneamente, l'Abate rossa: in realtà la pera Falstaff ha caratteristiche proprie e può essere una buona opportunità per i produttori. "Ma non è facile da coltivare - precisa l'agricoltore Daniele Golinucci di Forlì - però, una volta compreso come va 'addomesticata', si ottengono buone rese. In genere, nella nostra azienda siamo arrivati a 20 tonnellate a ettaro".

Nei giorni scorsi, presso la sede Crea di Forlì, si è svolto un incontro tecnico per parlare della varietà Falstaff, lasciando la parola agli agricoltori, fra cui Golinucci. "Il nostro impianto ha 8 anni e, se devo dire che sia una varietà facile da coltivare, non posso affermarlo. Però stiamo imparando a gestirla al meglio, anche se servirebbe più ricerca e sperimentazione, specie sul fronte dei portinnesti. Le nostre piante sono su BA29 (un cotogno vigoroso), ma forse sarebbe da provare anche su altri portinnesti".
Circa le quotazioni, l'agricoltore afferma che "ci sono state pagate, in cooperativa, mai meno di 1,20-1,30 euro/kg, considerando la media di tutti i chili. Se si raggiunge una resa di 20 tonnellate a ettaro, la plv comincia a essere interessante. Secondo me è una buona varietà, fin troppo sottovalutata dalle varie Op, forse perché non facile da gestire. Riguardo alle tolleranze e resistenze a malattie e fisiopatie, è come le altre pere: in certe annate soffre molto, in altre se la cava, ma occorre stare sempre vigili e attenti".
© Cristiano Riciputi | FreshPlaza.itI fratelli Golinucci conducono un'azienda agricola di circa 24 ettari nelle campagne di Forlì
"È una pera molto buona da mangiare - conclude Golinucci - ma occorre saperla raccogliere. Come tutta la frutta, non va colta troppo presto, altrimenti perde molto del suo potenziale organolettico".
Gianluca Baruzzi, responsabile della sede di Forlì del Crea, conferma quanto detto dagli agricoltori. "Durante l'incontro, i produttori hanno spiegato come riescono a ottenere il meglio da Falstaff, grazie a corrette pratiche di potatura e gestione agronomica".
Il CREA, in quanto Ente pubblico, mette a disposizione il materiale genetico ottenuto nell'ambito delle suddette attività per sperimentazioni e licenze di moltiplicazione attraverso apposite procedure a evidenza pubblica, consultabili sul sito istituzionale.
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