"Il mercato chiede pere italiane: nonostante le difficoltà, non dobbiamo abbandonare il comparto ma, anzi, aumentare la ricerca per superare questo drammatico momento". È solo uno dei passaggi dell'intervento di Francesco Vincenzi, produttore della provincia di Modena, il quale ha partecipato venerdì 7 novembre alla tavola rotonda sulla frutticoltura organizzata da Consorzi Agrari d'Italia (CAI) a Bologna, nell'ambito del Villaggio Coldiretti.
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© Cristiano Riciputi | FreshPlaza.itFrancesco Vincenzi
Coordinato da Andrea Rossi, referente tecnico di CAI, durante la tavola rotonda sono stati affrontati diversi temi d'attualità del settore frutticolo. "Le 40-50 tonnellate a ettaro di Abate sono ormai un miraggio - ha proseguito Vincenzi, che coltiva 32 ettari di pero a Mirandola - infatti ormai non si superano le 15-20 tonnellate per i ben noti motivi di malattie, insetti, mancanza di molecole ed eventi meteo avversi. Occorre ripartire dalle basi e servono investimenti per la ricerca. Bisogna tornare a studiare il terreno, a mantenerlo vivo, ad abbandonare il ristoppio e a scegliere i giusti portinnesti: solo così il comparto può ripartire, proseguendo con una progettazione sugli impianti di protezione e irrigazione".
"Quando si progetta un impianto frutticolo - gli ha fatto eco Rossi - occorre partire dalle fondamenta e non ci si può più affidare al caso. Ogni aspetto va analizzato e occorre fare un 'vestito su misura' per ogni azienda agricola. Progettazione, uso dei migliori materiali, assistenza continuativa pre e post impianto: con queste regole noi dei Consorzi Agrari d'Italia affianchiamo gli imprenditori agricoli".
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© Cristiano Riciputi | FreshPlaza.itAndrea Rossi
"Anche gli impianti irrigui - ha aggiunto Marco Tommasini, tecnico CAI - vanno pensati sempre più per una doppia funzione: irrigazione, antibrina e, talvolta, anche raffrescamento. L'uso di sonde e stazioni meteo è indispensabile per dare acqua solo quando serve realmente".
"Penso che al giorno d'oggi - ha proseguito Vincenzi, che è anche il presidente di Anbi - occorre ragionare su impianti di protezione e di irrigazione 'smart', vale a dire che siano facili da capire e da gestire. Penso all'apertura e chiusura delle reti, oppure ai vari software che leggono i dati delle sonde. A noi agricoltori servono risposte semplici e intuitive che ci facciano capire cosa dobbiamo fare e in che modo. La tecnologia serve se è utile, facile, precisa".
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© Cristiano Riciputi | FreshPlaza.itFoto di gruppo allo stand Agricoltura 5.0 dei CAI
"Mentre attendiamo l'avvento delle tecniche genomiche - ha continuato Vincenzi - il mondo agricolo deve stringere i denti e ripensare al suo modo di produrre. Credo che aziende monocolturali, come ad esempio di solo pero, come è stato negli ultimi decenni nella mia zona, non siano più pensabili. Occorre differenziare. E se si fa un frutteto, magari facciamolo di un ettaro in meno, ma quello che realizziamo sia tecnologicamente avanzato, 'full optional', in grado di garantire reddito".
"Anche le collaborazioni con enti di ricerca e Università - ha concluso Vincenzi - sono molto utili. Io ho ospitato un progetto di ricerca dell'ateneo olandese di Wageningen: non è stato facile seguire alla lettera le loro indicazioni, ma poi i risultati si sono visti e sono stati ottimi".
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Consorzi Agrari d'Italia (CAI)
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San Giorgio di Piano (Bologna)
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