L'attuale annata per la filiera dell'uva da tavola ha evidenziato con forza una serie di problematiche e inefficienze strutturali, queste ultime complici in parte anche dello stallo commerciale ampiamente riportato nei nostri precedenti articoli.
Donato Fanelli, imprenditore agricolo e figura di rilievo nel settore, ha ammesso di aver visto e vissuto momenti migliori di quelli che si stanno attraversando.
"La questione fondamentale risiede nella completa mancanza di collegamento tra il mondo della produzione e quello commerciale – precisa l'operatore pugliese - Sebbene la produzione sia in rapida e continua evoluzione verso uve senza semi, regolamentate da brevetti e licenze, non si riscontra una programmazione adeguata. Le inefficienze passate emergono con chiarezza e nuovamente soprattutto durante la fase di raccolta, non in fase di trapianto. Le difficoltà sono amplificate dalla mancanza di condivisione, sul fronte commerciale, tra buyer e produttori. A complicare ulteriormente il quadro è il sentiment commerciale, con interscambi che procedono lentamente a causa della sovrapproduzione generalizzata in Europa. Infatti, i tre principali areali di produzione del continente (Italia, Grecia e Spagna) producono quest'anno quantità adeguate, in netto incremento rispetto all'anno precedente, quando si registrava appena un terzo delle attuali produzioni, specie in Italia".
© Donato Fanelli I prezzi attuali, se paragonati a quelli della precedente stagione, risultano diminuiti tra il 30 e il 40%. "Le uve seedless con brevetti e licenze vengono acquistate sulla pianta a prezzi che, paradossalmente, erano in precedenza tipici dell'uva Italia con semi. Se lo scorso anno vendevamo ad alcune catene della GDO un cestino da 500 g a € 1,50, per poi vederlo finire sui bancali dei supermercati a 2,99 euro, adesso lo stiamo consegnando a € 1,10. Il problema è che in molte di queste insegne dei supermercati il prezzo al consumatore è rimasto uguale, il che non fa altro che scoraggiare gli acquisti".
Il settore continua a impiantare sempre nuovi ettari; una tendenza che genera però molta preoccupazione per il futuro, dopo la campagna passata in cui, seppure i margini e guadagni fossero stati accettabili, si era prodotto un terzo rispetto al normale.
© Donato Fanelli
"Una natura apparentemente autodistruttiva – evidenzia Fanelli - Se l'anno scorso abbiamo guadagnato quattro soldi producendo un terzo del normale, perché continuiamo a mettere a dimora nuovi ettari? Perché farci ancora del male? Le previsioni indicano che il prossimo anno le superfici in produzione raddoppieranno, e triplicheranno entro due anni. In questa congiuntura, gli unici a guadagnare non sono i produttori e, a dirla tutta, e nemmeno i commercianti".
Tuttavia, ci si aspetta che nelle prossime settimane l'offerta diminuisca, in quanto il grosso dei volumi sono già stati tagliati. Questa riduzione potrebbe portare a una successiva ripresa dei prezzi sia sulla pianta sia in distribuzione.