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Italia e Spagna a confronto nel settore dell'uva da tavola

Il settore globale dell'uva da tavola è in una fase di profonda trasformazione, e l'evento dal titolo "Ricerche di mercato e uva da tavola: come il marketing può qualificare l'offerta e i territori" tenutosi a Rutigliano in Puglia ha acceso i riflettori su dinamiche cruciali, offrendo un confronto illuminante tra l'approccio dei principali attori internazionali. Dalle analisi presentate da Doriana Ingravallo dell'agenzia di marketing e comunicazione Ingrasell emerge un quadro chiaro: l'Italia, pur vantando una posizione di leadership in termini di volume produttivo, si trova di fronte a un paradosso di valore, mentre la Spagna si è affermata come un modello di successo grazie a strategie commerciali e di marketing audaci e mirate. Questo raffronto non è solo un esercizio accademico, ma una bussola indispensabile per gli operatori del settore che desiderano navigare le complessità del mercato globale.

Il modello spagnolo: innovazione, marketing e posizionamento premium
La Spagna ha sperimentato un incremento significativo nel consumo di uva da tavola, un fenomeno attribuibile in gran parte all'introduzione di nuove varietà croccanti e senza semi e a un'azione incisiva dei supermercati, che hanno saputo rendere l'uva un acquisto abituale per i consumatori. La regione di Murcia, in particolare, ha beneficiato di condizioni climatiche favorevoli, assicurando raccolti di alta qualità e una lunga finestra commerciale. Questo successo non è casuale, ma il risultato di una strategia commerciale proattiva e orientata al mercato.

Produttori spagnoli, come il Grupo El Ciruelo, hanno investito massicciamente in nuovi impianti e nello sviluppo varietale, posizionando la Spagna come un fornitore di uva premium in Europa. Il loro assortimento varietale è dominato dalle uve senza semi, che costituiscono circa il 70-80% della produzione, una percentuale nettamente superiore a quella italiana, che risponde direttamente alla crescente domanda del mercato internazionale. La strategia di marketing spagnola enfatizza la qualità, il servizio e l'efficienza nella fornitura ai rivenditori europei, distinguendosi dalla concorrenza di paesi come Marocco, Egitto e Grecia.

© Vincenzo Iannuzziello | FreshPlaza.it

Elemento distintivo dell'approccio spagnolo è la metodologia di ricerca di mercato condotta ancor prima della raccolta dell'uva. Aziende come El Ciruelo studiano approfonditamente i consumi nei mercati chiave quali Germania, Regno Unito e Paesi nordici, analizzando i formati più venduti per canale, individuando le fasce di prezzo accettate e le finestre di acquisto richieste dai buyer. Per fare ciò, si avvalgono di strumenti professionali come survey dirette con i retailer, analisi sell-out su panel GfK e partecipazione costante a fiere di settore. Questo approccio basato sui dati permette loro di stabilire relazioni commerciali continue con i buyer, fissando incontri ben prima della campagna di raccolta, raccogliendo ordini su misura per varietà, volumi e packaging richiesti, e offrendo garanzie come il "residuo zero" e le certificazioni necessarie. Questa prassi consente di negoziare il prezzo con un margine superiore, evitando di subirlo passivamente. Le aziende spagnole, inoltre, curano meticolosamente il branding e l'identità visiva, creando linee specifiche con nomi riconoscibili, visual coordinati e uno storytelling efficace, vendendo non semplice "uva" ma un "prodotto di marca". Questo modello si traduce in performance economiche superiori, con un prezzo medio all'export per le varietà seedless confezionate di 1,45 €/kg e un margine per ettaro mediamente più alto rispetto ai competitor. La loro presenza nei mercati nordici, per esempio, è cresciuta del 22% nel 2023, dimostrando una forte radicazione.

Il paradosso italiano: leader nella produzione, inseguitore nel valore
L'Italia si conferma il principale fornitore europeo di uva da tavola, coprendo circa il 70% della produzione UE, con la Puglia che contribuisce per circa il 70% della produzione italiana. Una tendenza inarrestabile vede la crescente riconversione verso le varietà senza semi, spinta dalla forte domanda sia interna che internazionale e dalla preferenza della GDO estera. La quota di uva seedless in Italia è aumentata dal 53% nel 2022 al 58% nel 2023, con la Puglia che ha raggiunto quasi il 64,7%. L'Italia ha investito significativamente in varietà senza semi di alta qualità, come la ARRA 30 (Sugar Drop™), riconosciuta per le sue caratteristiche organolettiche e la resistenza nel trasporto, diventando un riferimento per la GDO internazionale. La garanzia di un'uva senza semi di produzione europea, sana e salubre, con controlli e certificazioni, rappresenta un vantaggio commerciale indubbio rispetto ai prodotti d'oltremare a basso prezzo. L'alto gradimento dei clienti internazionali è stato infatti una chiave vincente.

Nonostante questi indiscussi punti di forza produttivi e qualitativi, l'Italia si confronta con un "paradosso pugliese": produce meglio in termini di volume e qualità, ma incassa meno. Il prezzo medio all'export per l'uva pugliese è di 1,09 €/kg, un valore nettamente inferiore ai 1,45 €/kg della Spagna per le varietà senza semi confezionate.

Questo divario è spiegato da diversi punti di debolezza: Innanzitutto, a differenza della SATI sudafricana o dell'approccio spagnolo, l'Italia non dispone di una campagna marketing nazionale unificata e coordinata a livello di settore. Ciò si traduce in sforzi frammentati e nella perdita della forza di un brand Italia unito. In secondo luogo, la pianificazione commerciale è spesso basata su tradizione e imitazione, senza un adeguato monitoraggio dei consumi nei mercati target. Il dialogo con i buyer esteri è scarso prima della raccolta, il che porta a prezzi imposti e a una scarsa fidelizzazione del cliente. Si adotta una strategia commerciale che tende a "spingere la produzione" per poi cercare di venderla, a differenza della Spagna che pianifica la vendita prima della raccolta. Questo comporta una sovrapproduzione su varietà a margine inferiore, nessuna differenziazione all'estero (concorrenza sul prezzo) e un calo dei margini.

© Vincenzo Iannuzziello | FreshPlaza.it

Le certificazioni e il concetto di "residuo zero" sono ancora poco comunicati in Puglia, a differenza della Spagna dove sono ampiamente diffusi e valorizzati. Il branding è spesso assente o legato al singolo produttore, senza un marchio forte e riconosciuto a livello nazionale per l'uva da tavola italiana. La frammentazione e la tendenza a lavorare "da soli" comportano una perdita di potere contrattuale, impedendo la programmazione su larga scala e la negoziazione efficace con i grandi gruppi europei. L'uva italiana, inoltre, si confronta con prodotti d'oltremare con prezzi più bassi, rendendo essenziale una strategia di marketing che giustifichi e valorizzi un prezzo premium. A ciò si aggiungono sfide strutturali quali la carenza di manodopera e i costi di produzione più elevati rispetto a paesi come la Turchia o l'Egitto, e la logistica che rimane un "tallone d'Achille". Infine, il canale e-commerce, sebbene promettente per nicchie di mercato, in Italia non genera grandi volumi a causa della bassa consapevolezza del consumatore medio sulla differenziazione dell'uva da tavola.

Lezioni e percorsi per l'Italia: costruire un successo collettivo
Il confronto con la Spagna e altri attori globali, come l'India (che ha aumentato le esportazioni in Europa grazie a infrastrutture e metodi moderni) o il Sudafrica (con la sua SATI che ha lanciato campagne promozionali mirate in Cina), offre chiare indicazioni per il settore italiano. La ricerca di mercato è uno strumento strategico indispensabile che deve guidare le decisioni, stimolare l'innovazione e trasformare i dati in azioni concrete.

Per mantenere e accrescere la sua competitività, il settore italiano dell'uva da tavola dovrebbe focalizzarsi su: È fondamentale valorizzare il "made in Italy/Europe", costruendo una narrazione autentica e forte sulla qualità, sicurezza alimentare e sostenibilità del prodotto italiano ed europeo. La percezione di "salute e salubrità" e la certificazione del prodotto europeo sono da enfatizzare. È necessario continuare a spingere il marketing mirato alle nuove varietà senza semi, comunicando efficacemente i loro benefici (gusto, conservabilità, praticità) sia ai buyer della GDO che ai consumatori finali. Un aspetto cruciale è stringere collaborazioni strategiche più solide con la GDO internazionale, imparando dalla capacità spagnola di interloquire con i retailer che hanno filiali in più paesi, offrendo non solo un prodotto di qualità, ma anche un servizio efficiente e una fornitura consistente. Un'azione di impatto sarebbe adottare un modello simile a quello della SATI sudafricana o del Table Grape Committee cileno, lanciando campagne di promozione collettiva e un branding nazionale forte e riconoscibile per aumentare visibilità e potere contrattuale. L'unificazione dei dati a livello nazionale potrebbe permettere di costruire un vero e proprio "polo europeo". Infine, è essenziale investire nella comunicazione digitale ed educativa, attraverso piattaforme e materiali promozionali che informino il consumatore sulle caratteristiche distintive dell'uva italiana, la sua storia, i metodi di coltivazione, i benefici per la salute e gli usi in cucina. L'e-commerce, pur non essendo un canale per i grandi volumi, può fungere da "vetrina narrante" per costruire reputazione, testare nuove varietà su nicchie ad alta marginalità ed educare il mercato.

In sintesi, l'uva da tavola italiana possiede una qualità intrinseca e un potenziale di crescita straordinario, specialmente nel segmento delle varietà senza semi. Tuttavia, per trasformare l'eccellenza individuale in un successo collettivo e riconosciuto a livello globale, è imperativo adottare strategie di marketing e comunicazione audaci e coordinate, sulla scia dei modelli vincenti come quello spagnolo.

Per maggiori info:
Ingrasell
Doriana Ingravallo
+39 080 321 92 08
+39 388 65 78 722
www.ingrasell.it

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