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Puntare ai mercati che possono spendere di più, come quelli orientali

Si è tenuto a Mola di Bari, lo scorso venerdì 26 settembre, un importante incontro organizzato dall'Associazione dei Produttori ed Esportatori Ortofrutticoli (Apeo), che ha visto la partecipazione di oltre 60 persone, tra produttori, esportatori e altri operatori del settore dell'uva da tavola.

Sul tavolo, temi strategici per il futuro del comparto, in un momento in cui le sfide sono visibili a tutti: dal miglioramento genetico alla gestione dei residui fitosanitari, fino allo sviluppo di nuovi mercati internazionali, con un focus su quelli orientali.

© Niet Potentieel

Al centro del dibattito c'è la costante ricerca dell'innovazione varietale, un percorso intrapreso per ampliare l'offerta e coprire un arco temporale più vasto. I due club protagonisti dell'incontro pugliese sono stati: Nu.Va.U.T (Nuove Varietà di Uva da Tavola) e Italia Variety Club, che hanno presentano nuove varietà senza semi (bianche, rosse e nere), con l'obiettivo di coprire l'intera stagione produttiva, da luglio a dicembre.

"Non si tratta di sostituire le cultivar storiche o internazionali che hanno decretato (o lo stanno facendo ancora oggi) il successo del settore, come la varietà Italia nei passati decenni, ma di offrire un'alternativa e una possibilità in più al mercato con selezioni autoctone, lasciando poi con il tempo al consumatore la scelta. Questo sforzo è supportato da una solida collaborazione con il mondo della ricerca, come dimostra il contratto che il consorzio Nu.Va.U.T. ha con il CREA per lo sviluppo del progetto, con 3 varietà (Maula, Egnatia e Daunia) già iscritte al Registro Nazionale delle Varietà di Vite e finora coltivate su più di 100 ettari". A parlare è Giacomo Suglia, presidente di Apeo.

La Rete IVC, attraverso le collaborazioni con lo spin off SINAGRI dell'Università di Bari e il CRSFA Basile Caramia di Locorotondo, ha permesso l'ottenimento della privativa comunitaria di 4 varietà da parte del CPVO, con altre 8 in corso di valutazione.

© Niet Potentieel

L'esigenza di innovare è strettamente legata alla strategia di espansione commerciale. Con l'embargo russo e i dazi statunitensi che hanno modificato gli equilibri, lo sguardo del settore si rivolge con sempre maggiore interesse oltre i confini europei. La nuova frontiera è rappresentata dai mercati asiatici, in particolare Cina e Vietnam, ma anche quelli del Golfo Persico. Si tratta di piazze commerciali dove i consumatori hanno una maggiore capacità di spesa e sono disposti a riconoscere il valore di un prodotto di alta qualità.

A questo proposito, Suglia sottolinea la direzione da intraprendere: "Con le nostre produzioni dobbiamo puntare sulla qualità e rivolgerci a mercati che possono permettersi di pagare di più. Questo approccio richiede non solo un prodotto eccellente alla partenza, ma anche la capacità di preservarne le caratteristiche qualitative fino a destinazione".

Qui si inserisce la seconda grande sfida: la conservazione del prodotto durante i lunghi trasporti. "Per raggiungere l'Oriente mantenendo intatta la qualità della nostra merce è indispensabile investire in ricerca. Stiamo stimolando il mondo scientifico non solo alla ricerca di nuove varietà, ma anche per quanto riguarda i lunghi trasporti e la conseguente buona conservazione delle uve per affrontare questi nuovi traguardi geografici e logistici. È fondamentale avere una buona resistenza, sia in celle frigorifere sia nei container, perché le nostre uve approdino in paesi lontani".

Il dialogo all'interno della filiera rimane aperto e costruttivo. L'incontro ha toccato anche il tema dei residui fitosanitari, con la presentazione dei dati elaborati del laboratorio Samer della Ccia Bari, e si è concluso con l'impegno di organizzare un nuovo appuntamento in primavera, cui si intendono invitare anche i rappresentanti della GDO italiana per un confronto sempre più ampio e sinergico.

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