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Marco R. Butera - Global Berry Specialist

Mirtillo: le aree emergenti in Europa e le opportunità a livello mondiale

Da oltre dieci anni, Marco R. Butera opera come consulente specializzato nella coltivazione e gestione tecnica dei piccoli frutti, in particolare del mirtillo, in contesti produttivi internazionali, spaziando dal bacino mediterraneo ai Balcani, fino all'Asia e al Medio Oriente. La sua attività si concentra sul supporto tecnico e strategico a realtà agricole e imprenditoriali interessate a sviluppare progetti ad alto contenuto agronomico e gestionale. Nel 2025 ha dato vita a BetterBerries, un marchio dedicato alla consulenza avanzata nel settore dei berries, pensato come piattaforma di supporto globale per produttori, investitori e gruppi internazionali. Il progetto integra competenze tecniche consolidate, con un'attenzione costante all'innovazione varietale, alla sostenibilità e all'efficienza dei sistemi produttivi.

© Marco R. Butera
Marco R. Butera (foto per sua gentile concessione)

"In ambito europeo, le opportunità di espansione più significative per la coltivazione del mirtillo si registrano in Francia, nei Balcani, in Romania e soprattutto in Georgia, dove si stanno compiendo investimenti importanti in logistica, tecnologia e servizi agronomici. Anche l'Italia mostra un potenziale in crescita, trainato dall'aumento dei consumi interni e dall'attenzione crescente della Grande distribuzione organizzata verso produzioni nazionali di qualità. Le aziende che investono in varietà moderne e in una gestione agronomica avanzata hanno oggi margini interessanti, anche grazie al miglioramento delle capacità organizzative e commerciali di filiera", dichiara Butera.

A livello globale, dopo l'espansione peruviana il maggiore dinamismo si riscontra in Asia e Africa, dove la domanda di frutta fresca di alta qualità cresce più rapidamente rispetto alla produzione locale. "L'introduzione di cultivar Southern Highbush a elevata performance qualitativa, attraverso programmi genetici e di marketing che hanno l'obiettivo di produrre e commercializzare mirtillo ad elevata qualità come Sekoya, OZblu, MBO e Driscoll's, ha reso possibile l'espansione della coltivazione di questo piccolo frutto anche in zone climaticamente complicate, mantenendo elevati standard produttivi e post-raccolta", sottolinea il consulente.

Un caso emblematico è quello della Repubblica della Georgia, dove, grazie al supporto dello Stato e al programma USAID, il settore è passato da una fase pionieristica a un'industria strutturata, con oltre 3.000 ettari impiantati. "Dal 2021, il mio collega Jorge Duarte ha avviato un percorso di sviluppo tecnico nel Paese e, a partire dal 2023, sono stato coinvolto anch'io nel progetto, supportando le principali aziende produttrici locali. Il nostro lavoro si è focalizzato sia sull'assistenza agronomica che sulla formazione tecnica continua, tramite l'organizzazione di corsi per i produttori dove abbiamo tenuto il ruolo di docenti invitando anche altri esperti internazionali, contribuendo a elevare gli standard produttivi e a sviluppare le competenze necessarie per l'export verso l'Europa, il Medio Oriente e, in prospettiva, anche la Cina. In collaborazione con l'associazione georgiana dei produttori di mirtillo, abbiamo organizzato numerosi corsi tematici su tutte le fasi della produzione".

Inoltre, sarà fondamentale osservare attentamente l'evoluzione del mercato cinese, secondo Butera. "Con oltre 70.000 ettari impiantati negli ultimi anni e una domanda interna in forte crescita, la Cina si avvicina progressivamente all'autosufficienza, con possibili ripercussioni sull'equilibrio dei flussi di esportazione da parte di paesi produttori come il Perù e il Cile. La sfida per il prossimo decennio sarà quella di coniugare qualità, sostenibilità e competitività su scala globale".
© Marco R. Butera
Coltivazioni in Georgia (foto per gentile concessione di Marco R. Butera)

La cultivar Duke
Duke è una cultivar Northern Highbush rilasciata nel 1987 nell'ambito del programma congiunto USDA-ARS / New Jersey Agricultural Experiment Station. Deriva dall'incrocio tra le linee genetiche Ivanhoe e Earliblue, effettuato da Arlen Draper nel 1972. "Nonostante la sua 'anzianità', è tuttora largamente piantata per via della sua precocità e affidabilità produttiva. In molte aree mid-chill e high-chill europee rappresenta ancora la varietà di riferimento per l'avvio della stagione di raccolta – spiega Butera – Una sua caratteristica distintiva è la capacità di fiorire tardi nel calendario, ma è tra le prime a essere raccolte (circa 60 giorni tra fioritura e raccolta). Questo rende Duke meno sensibile alle gelate tardive rispetto ad altre cultivar precoci, incluse alcune Southern Highbush".

"Ho avuto modo di seguire la cultivar Duke in sei paesi europei, sia in Europa occidentale che orientale. La varietà si è dimostrata molto adattabile a differenti condizioni climatiche (climi oceanici, continentali, alpini, mediterranei) e a sistemi colturali diversi, sia in suolo sia in fuori suolo, in tunnel o in pieno campo. Tuttavia, le performance sono strettamente correlate alla competenza agronomica del produttore, soprattutto nella gestione dell'irrigazione, della nutrizione e della potatura – continua Butera – Il limite principale di Duke è il suo elevato fabbisogno in freddo (almeno 800 ore). In aree dove tale requisito viene raggiunto a fatica o solo in alcuni anni, si riscontrano fioriture irregolari e una scarsa rottura delle gemme a legno, con conseguente squilibrio vegetativo-produttivo e cali qualitativi. Secondo le proiezioni climatiche, molte aree mediterranee potrebbero non garantire più queste 800 ore entro il 2040-2050, soprattutto al di sotto dei 600–800 m slm".

Sebbene Duke venga ancora coltivata in impianti monovarietali, soprattutto nei Balcani, negli ultimi 20-30 anni sono emerse varietà decisamente migliorative per qualità del frutto, shelf life e produttività. "I programmi di breeding americani, australiani e neozelandesi hanno introdotto varietà migliorative Northern High Bush (NHB) per i climi dell'Europa centrale e del nord Europa, ma soprattutto Southern Highbush (SHB) con prestazioni eccellenti in climi miti, anche in contesti mediterranei, subtropicali o desertici. Oggi molte di queste varietà SHB sono capaci di produrre oltre 3 kg/pianta in fuori suolo già dal secondo anno, mentre le NHB tradizionali si attestano su 1-2 kg. Le varietà club più recenti, come quelle del programma Sekoya, rappresentano oggi l'unica possibilità per gli agricoltori in aree high-chill e mid-chill di raggiungere standard qualitativi simili alle nuove varietà SHB, sebbene richiedano esperienza tecnica e un accesso regolato dalla presenza di club varietali", spiega Butera.

Numerosi sono i contenuti tecnici che Butera ha realizzato e condiviso su canali professionali e scientifici: tra i temi affrontati, la fertirrigazione in fuori suolo, l'adattamento delle colture a climi aridi e la progettazione di impianti in funzione del contesto pedoclimatico. Ha inoltre contribuito alla stesura di un capitolo sulla fertirrigazione dei piccoli frutti pubblicato all'interno di una raccolta internazionale curata da IntechOpen. Butera collabora con aziende di primo piano in Europa e ha seguito l'evoluzione del comparto in Paesi emergenti, come Francia e Georgia, offrendo supporto diretto a produttori e associazioni di categoria per il raggiungimento di standard tecnici e commerciali internazionali. In più, partecipa regolarmente come relatore a fiere, convegni e tavole tecniche, contribuendo al confronto tra esperti del settore ortofrutticolo.

Quali sono le richieste più frequenti da parte dei produttori professionali? Quanto è importante oggi, per un produttore di piccoli frutti, affidarsi a un tecnico specializzato?
"Le richieste più frequenti riguardano la progettazione degli impianti, la selezione varietale più idonea agli obiettivi aziendali e all'areale, la gestione della fertirrigazione e l'ottimizzazione della produzione e dei processi di raccolta e conservazione del frutto per migliorare qualità e shelf life. Una parte rilevante della mia attività di consulenza è però dedicata all'individuazione e risoluzione di problematiche tecniche che ostacolano il pieno potenziale produttivo di aziende già operative. La formazione del personale agronomico e operativo rappresenta un altro pilastro fondamentale: oggi il supporto tecnico non è più un'opzione, ma una necessità. I margini di competitività si giocano su dettagli sempre più raffinati e il ruolo del consulente si è evoluto da semplice problem solver a guida strategica per l'azienda".

© Marco R. ButeraA destra: Sekoya Grande pronta per la raccolta in Italia (foto per gentile concessione di Marco R. Butera)

Di recente il consulente ha condotto un tour tecnico in diverse aziende agricole di mirtilli in Veneto ed Emilia-Romagna per i coltivatori francesi che appartengono all'Associazione Nazionale Francese dei Coltivatori di Mirtilli (APMF).

"Nelle aree del Veneto e dell'Emilia-Romagna, dove i terreni sono ricchi in bicarbonati, la coltivazione del mirtillo è possibile quasi esclusivamente in fuori suolo. Questo ha spinto i produttori a sviluppare una notevole specializzazione nella gestione agronomica, soprattutto per quanto riguarda fertirrigazione, controllo del drenaggio, potatura e gestione della impollinazione. Gli impianti visitati grazie al supporto di Simone Pergher (SanLucar), spesso con varietà sia libere (es. Duke, Draper, Blue Ribbon, Cargo, Valor) sia club (es. Sekoya), mostrano come il successo produttivo dipenda più dalla qualità della gestione tecnica che dalla varietà stessa. Anche in contesti simili, le performance cambiano radicalmente in funzione delle scelte agronomiche adottate. È quindi evidente l'importanza di un supporto tecnico competente e costante, specialmente in coltivazioni fuori suolo dove gli errori si amplificano rapidamente".

"Il comparto del mirtillo in Francia è relativamente giovane, ma in rapida crescita grazie anche all'eccellente lavoro dell'APMF, che fornisce supporto tecnico, promozione e formazione. Questo a fronte di una esigenza espressa dai produttori che ricevono costantemente formazione tecnica organizzata dall'associazione. Anche io sono stato uno dei docenti chiamato a spiegare ai produttori la fertirrigazione del mirtillo in suolo e fuori suolo. Questo ha generato un forte slancio positivo nella filiera francese, con la proliferazione di impianti moderni e tecnicamente avanzati che vanno a produrre frutta di qualità in un mercato nazionale che preferisce consumare prodotto francese – spiega Butera – In Italia, la mancanza di un'associazione nazionale di riferimento rende il comparto più frammentato e, a mio avviso, più debole di fronte alle sfide tecniche e di mercato. Solo i produttori inseriti in cooperative o gruppi strutturati con assistenza tecnica riescono a ottenere elevati standard produttivi e commerciali. In entrambi i Paesi si avverte comunque la necessità crescente di automatizzare i processi e semplificare la gestione, anche per far fronte alla ridotta disponibilità di manodopera".

Parlando di gestione agronomica avanzata, in presenza di gelate tardive o stress abiotici, quali strategie suggerisce per garantire un impollinamento efficace e una buona allegagione?
"In caso di gelate tardive, è fondamentale lavorare in prevenzione, monitorando le previsioni meteorologiche almeno 2-3 giorni prima, trattare con biostimolanti specifici con funzione di 'priming' almeno 48 ore prima della gelata (se possibile) e predisporre sistemi di difesa attiva (se disponibili). Gli interventi variano in base allo stadio fenologico del fiore, poiché la sensibilità al freddo aumenta man mano che la fioritura avanza. Tra le strategie attive si annoverano: irrigazione antigelo a spruzzo con micro-sprinkler, ventilatori per la miscelazione dell'aria e utilizzo di fonti di calore localizzate (bruciatori, candele antigelo)".

Dopo un evento critico, l'applicazione mirata di biostimolanti può supportare la ripresa cellulare e la divisione dei tessuti danneggiati ma chiaramente con il limite che non può recuperare ciò che andato perso. Per altri stress abiotici (termici, idrici), l'impiego mirato di biostimolanti a base di alghe, aminoacidi o microrganismi si è dimostrato efficace in vari contesti produttivi, con esperienze positive soprattutto in Spagna, Portogallo e Italia. "Inoltre, parlando di impollinazione, è fondamentale garantire un'adeguata presenza di insetti impollinatori (api, bombi, osmie) e, se possibile, evitare la chiusura delle reti antigrandine durante la fioritura, poiché riducono l'attività di impollinazione", spiega Butera.

© Marco R. Butera
Coltivazioni in Romania (foto per gentile concessione di Marco R. Butera)

Alcune sue visite in campo hanno evidenziato la presenza di formiche attorno alle radici: come gestire queste interazioni in modo sostenibile, senza compromettere la microbiologia del suolo?
"La presenza di formiche nei substrati fuori suolo rappresenta una criticità crescente in diversi areali, specialmente nei vasi, dove gli insetti possono costruire nidi permanenti. Ciò causa la formazione di vuoti nel substrato, danneggiamento attivo delle radici da parte delle formiche e riduzione dell'efficienza dell'assorbimento idrico e nutritivo. Inoltre, le formiche favoriscono la proliferazione di afidi e altri insetti fitomizi, contribuendo alla produzione di melata e aumentando la pressione parassitaria – evidenzia il consulente – La gestione sostenibile si basa su tre pilastri: interventi meccanici (rimozione fisica dei nidi durante l'autunno/inverno), esche selettive a basso impatto posizionate in trappole chiuse e monitoraggio costante. In assenza di prodotti fitosanitari specifici autorizzati per l'uso in ambiente produttivo, è fondamentale agire per tempo e in modo mirato".

Quali protocolli consiglia per la gestione preventiva della Botrytis cinerea in ambienti umidi o dove la raccolta è prolungata?
"La gestione preventiva della Botrytis cinerea si fonda su tre assi principali: microclima, nutrizione ed efficacia fitosanitaria. È essenziale favorire una buona aerazione attraverso potature invernali e un'adeguata gestione della densità vegetativa. Va evitato l'eccesso di azoto, a favore di un apporto equilibrato di calcio e potassio, per rafforzare i tessuti vegetali – continua Butera – Sul fronte fitoiatrico, è consigliabile alternare principi attivi autorizzati con diversi meccanismi d'azione, evitando l'insorgenza di resistenze, ed eventualmente integrare prodotti a base di microrganismi antagonisti (es. Bacillus spp.) o induttori di resistenza autorizzati. In caso di raccolte scalari e prolungate, è opportuno effettuare i trattamenti preventivi in fase di pre-invaiatura, evitando applicazioni in condizioni di elevata umidità o in prossimità delle piogge".

Cultivar per la filiera IQF (quick-freeze): che caratteristiche devono avere i frutti destinati a questo canale e quali sono le sfide agronomiche?
I frutti destinati alla filiera IQF devono possedere alcune caratteristiche fondamentali: calibro medio-piccolo, buccia consistente, cicatrice peduncolare chiusa, contenuto zuccherino stabile (8-10 °Brix) e polpa capace di mantenere aroma e struttura anche dopo il congelamento. L'omogeneità di maturazione e la resistenza al danno meccanico sono essenziali per ottimizzare la raccolta meccanizzata. "Dal punto di vista agronomico, le principali sfide includono la necessità di un sistema produttivo a basso costo, una gestione irrigua estremamente precisa e l'adozione di tecniche di potatura meccanizzata. Inoltre, la scelta varietale deve orientarsi su cultivar ad alta produttività, tolleranti agli stress e compatibili con la raccolta meccanica", conclude Butera.

Foto di copertina per gentile concessione di Marco R. Butera

Per maggiori informazioni:
Marco R. Butera - Global Berry Specialist
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