"La campagna agrumi può considerarsi conclusa, considerato che da metà aprile non abbiamo volumi ragguardevoli di arance rosse tardive da destinare alla trasformazione. Naturalmente i prezzi sono in ascesa. Più in generale, la riduzione dei frutti del 30% è dovuta ai cambiamenti climatici e alla cascola che si è determinata a febbraio. Il risultato è stato che le piante, già provate dalla carenza idrica, hanno mostrato una scarsa tenuta dei frutti e appunto una cascola precoce, difficile da contrastare". Così riferisce Salvatore Imbesi, presidente della rete di imprese che ingloba tre importanti realtà operanti nel territorio siciliano: Ortogel e Agrumi-Gel, industrie di trasformazione di agrumi, e la cooperativa Service Calatino.
"Lo stress climatico, il caldo eccessivo e la carenza o l'abbondanza di risorsa idrica - come in questo ultimo scorcio di campagna agrumicola - stanno minando la sostenibilità economica delle aziende, molte delle quali hanno sacrificato la produzione di agrumi di piccolissimo calibro. Se in un contesto del genere il futuro delle aziende è alquanto incerto, ciò che è
davvero inaccettabile è il fatto che sono sempre i produttori a pagare le conseguenze di un settore che fatica a decollare per l'assenza di una programmazione mirata. Al punto che non è più chiaro se a pesare maggiormente siano i cambiamenti climatici - sempre più imprevedibili - o le inefficienze della politica. Nello specifico succede che – a un anno di distanza – i produttori attendono ancora il pagamento - da parte della Regione Siciliana - delle partite di agrumi conferiti per la produzione di succhi destinati a scopi umanitari e di solidarietà sociale".
"In questo ultimo periodo è in ripresa - spiega Salvatore Imbesi - la richiesta di limoni sia come fresco sia sotto forma di trasformato. I prezzi sono alti, perché il succo argentino è costoso e dunque c'è maggiore richiesta del prodotto italiano".
"Il limone negli ultimi anni sta attraversando una crisi di mercato senza precedenti - conclude Imbesi - Si registra una diminuzione delle superfici messe a coltura. Parliamo di una produzione diminuita perlomeno del 40%, con una perdita che grava pesantemente sulla Sicilia, soprattutto a causa del malsecco che danneggia da oltre un secolo la limonicoltura del Mediterraneo, con ripercussioni economiche e occupazionali particolarmente gravose nel sud Italia".
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