Un importante passo avanti nella tutela dei fornitori nel settore agroalimentare è rappresentato dalla recente normativa che disciplina i contratti di cessione di prodotti agricoli e alimentari, con un focus deciso sul contrasto alle pratiche commerciali sleali. Il quadro normativo, che recepisce la Direttiva (UE) 2019/633 e si concretizza in Italia nella Legge di delegazione Europea n. 53 del 22/4/2021 e nel Decreto legislativo n. 198/2021, introduce principi fondamentali nei rapporti tra imprese nella filiera agricola e alimentare, definendo gli elementi essenziali dei contratti di cessione, per i quali si ribadisce l'obbligo della forma scritta, e stabilisce un elenco dettagliato di pratiche commerciali sleali vietate, corredato da un robusto sistema sanzionatorio.
Nella foto: Felice Assenza, Capo Dipartimento dell'Ispettorato Centrale della tutela della Qualità e della Repressione Frodi dei prodotti agroalimentari - ICQRF.
Principi fondamentali ed elementi essenziali dei contratti di cessione
Il Decreto legislativo n. 198/2021 si applica alle cessioni di prodotti agricoli e alimentari eseguite da fornitori stabiliti in Italia o all'estero, quando l'acquirente è stabilito nel territorio nazionale, indipendentemente dal fatturato di entrambe le parti. Sono esclusi dall'ambito di applicazione i contratti conclusi direttamente tra fornitori e consumatori e i conferimenti di prodotti da parte dei soci di cooperative o organizzazioni di produttori.
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I contratti di cessione devono essere informati a principi di trasparenza, correttezza, proporzionalità e reciproca corrispettività delle prestazioni, da osservarsi prima, durante e dopo l'instaurazione del rapporto commerciale. I prezzi dei beni forniti devono tenere conto dei costi di produzione, definiti come i costi relativi all'utilizzo di materie prime, fattori fissi e variabili e servizi necessari al processo produttivo prevalente nell'area di riferimento, e del costo medio di produzione determinato dall'ISMEA.Slide fornita dall'ICQRF*
La forma scritta è obbligatoria per i contratti di cessione e deve essere stipulata prima della consegna dei prodotti. Il contratto deve indicare chiaramente la durata (non inferiore a 12 mesi, salvo deroghe per stagionalità o accordi con le organizzazioni professionali), le quantità e le caratteristiche del prodotto, il prezzo (fisso o determinabile), le modalità di consegna e di pagamento, e la disciplina applicabile in caso di forza maggiore.
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La forma scritta può essere assolta anche tramite documenti di trasporto o di consegna, fatture o ordini di acquisto, esclusivamente a condizione che gli elementi essenziali del contratto siano stati precedentemente concordati tra acquirente e fornitore mediante un accordo quadro. L'accordo quadro è definito come un contratto che disciplina i successivi contratti di cessione, includendo condizioni di compravendita, caratteristiche dei prodotti, listino prezzi e prestazioni di servizi.
È imperativo sottolineare che le disposizioni contenute negli articoli 3, 4, 5 e 7 del D.LGS n. 198/2021 costituiscono norme imperative e prevalgono su eventuali discipline di settore contrastanti. Qualsiasi pattuizione o clausola contrattuale contraria a tali disposizioni è considerata nulla, senza che ciò comporti la nullità dell'intero contratto.
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Definizione dei soggetti e dei prodotti
Il decreto fornisce definizioni precise dei soggetti coinvolti: l'acquirente è qualsiasi persona fisica o giuridica che acquista prodotti agricoli e alimentari, mentre il fornitore è un produttore agricolo o chiunque venda tali prodotti, incluse organizzazioni di produttori e cooperative. Il consumatore è la persona fisica che acquista per scopi estranei alla propria attività professionale. Una distinzione importante è fatta per i prodotti agricoli e alimentari deperibili, definiti come quelli che potrebbero diventare inadatti alla vendita entro 30 giorni dalla raccolta, produzione o trasformazione.
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La "Blacklist" delle pratiche commerciali sempre vietate
Il Decreto legislativo n. 198/2021 introduce un'ampia casistica di pratiche commerciali sleali vietate. Tra quelle considerate sempre vietate (la cosiddetta "blacklist") rientrano:
- Pagamenti oltre 30 giorni per prodotti agricoli e alimentari deperibili e oltre 60 giorni per altri prodotti
- Annullamenti con preavviso breve di ordini di prodotti deperibili.
- Modifiche unilaterali delle condizioni dell'accordo di fornitura da parte dell'acquirente.
- Richiesta di pagamenti non connessi alla vendita dei prodotti.
- Clausole che imputano al fornitore i costi per la perdita o il deterioramento dei prodotti non dovuti a sua colpa, dopo la consegna.
- Rifiuto dell'acquirente di firmare per iscritto un accordo di fornitura richiesto dal fornitore.
- Uso improprio dei segreti commerciali del fornitore da parte dell'acquirente.
- Ritorsioni commerciali contro il fornitore che esercita i propri diritti.
- Trasferimento al fornitore dei costi per l'esame dei reclami dei clienti senza sua negligenza o colpa.
La "Greylist" delle pratiche vietate se non concordate
Esiste poi una "greylist" di pratiche vietate a meno che non siano state precedentemente concordate nel contratto di cessione o nell'accordo quadro:
- Restituzione di prodotti invenduti al fornitore senza pagamento o senza pagamento per lo smaltimento.
- Richiesta al fornitore di un pagamento come condizione per l'immagazzinamento, l'esposizione, l'inserimento in listino o la messa a disposizione sul mercato dei suoi prodotti.
- Richiesta al fornitore di farsi carico, in toto o in parte, del costo degli sconti promozionali.
- Richiesta al fornitore di pagare i costi della pubblicità o del marketing pagati dall'acquirente per i suoi prodotti.
- Richiesta al fornitore di pagare i costi del personale incaricato degli spazi di vendita dei suoi prodotti.
- Ulteriori Pratiche Commerciali Sleali Vietate
Oltre alla blacklist e alla greylist, l'articolo 5 del decreto individua ulteriori pratiche vietate, tra cui:
- Acquisto di prodotti tramite gare e aste elettroniche a doppio ribasso.
- Imposizione di condizioni contrattuali eccessivamente gravose per il venditore, inclusa la vendita a prezzi inferiori ai costi di produzione.
- Imposizione, diretta o indiretta, di condizioni di acquisto, di vendita o altre condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose.
- Applicazione di condizioni oggettivamente diverse per prestazioni equivalenti.
- Conseguimento di indebite prestazioni unilaterali non giustificate dalla natura del rapporto commerciale.
- Imposizione a carico di una parte di servizi e prestazioni accessorie non oggettivamente connesse alla cessione del prodotto.
- Esclusione dell'applicazione di interessi di mora a danno del creditore o delle spese di recupero crediti.
- Imposizione di un trasferimento ingiustificato e sproporzionato del rischio economico da una parte all'altra.
- Imposizione all'acquirente, da parte del fornitore, di prodotti con date di scadenza troppo brevi rispetto alla vita residua stabilita contrattualmente.
Sanzioni severe per chi viola le regole
Il mancato rispetto della normativa sulle pratiche commerciali sleali comporta l'applicazione di sanzioni amministrative pecuniarie significative. L'ammontare delle sanzioni è determinabile nei limiti massimi con riferimento a una percentuale del fatturato realizzato nell'ultimo esercizio precedente l'accertamento e non è ammesso il pagamento in forma ridotta.
I criteri per la determinazione delle sanzioni includono il beneficio ricevuto dal trasgressore, il danno provocato all'altro contraente, il valore dei beni ceduti o del contratto e la misura del ritardo nei pagamenti. In caso di reiterata violazione, le sanzioni possono essere aumentate fino al doppio o al triplo, senza comunque eccedere il 10% del fatturato.
Le sanzioni specifiche variano a seconda della violazione commessa:
- Mancanza di forma scritta o di elementi essenziali del contratto, rifiuto di conferma scritta: fino al 5% del fatturato (minimo 2.000 euro).
- Durata dei contratti inferiore a dodici mesi (se non previsto da motivata deroga ad esempio per motivi di stagionalità ): fino al 3,5% del fatturato (minimo 10.000 euro).
- Ritardo nei pagamenti: fino al 3,5% del fatturato (minimo 1.000 euro).
- Violazioni della blacklist (annullamento ordini, modifiche unilaterali, pagamenti non connessi, etc.): fino al 5% del fatturato (minimo 30.000 euro), salvo che il fatto costituisca reato.
- Violazioni della greylist (restituzione prodotti, richieste di pagamento per servizi, etc.): fino al 3% del fatturato (minimo 15.000 euro), salvo che il fatto costituisca reato.
- Altre pratiche vietate (aste a doppio ribasso, condizioni gravose, trasferimento ingiustificato del rischio, etc.): fino al 3% del fatturato (minimo 10.000 euro), salvo che il fatto costituisca reato.
- Ulteriori condotte commerciali sleali (imposizione di servizi non connessi, esclusione interessi di mora, clausole per l'emissione tardiva della fattura, etc.): fino al 4% del fatturato (minimo 5.000 euro), salvo che il fatto costituisca reato.
- In caso di concorso tra due divieti, la sanzione è raddoppiata.
L'ICQRF (Ispettorato Centrale della tutela della Qualità e Repressione Frodi dei prodotti agroalimentari) è l'Autorità competente per l'applicazione e il controllo del rispetto di questa normativa. Anche i titolari e i gestori dei mercati all'ingrosso dei prodotti agroalimentari hanno l'obbligo di osservare la normativa sulle pratiche commerciali sleali e di denunciare tempestivamente all'ICQRF eventuali violazioni commesse all'interno dei mercati. L'accertata violazione da parte di un fornitore titolare di uno spazio di vendita costituisce grave inadempimento del rapporto negoziale con il gestore del mercato.
La nuova normativa rappresenta, dunque, un importante strumento per riequilibrare i rapporti di forza nella filiera agroalimentare, garantendo maggiore trasparenza e correttezza nelle transazioni e tutelando i fornitori dalle pratiche commerciali sleali. La severità delle sanzioni mira a scoraggiare comportamenti scorretti e a promuovere un ambiente commerciale più equo e sostenibile per l'intero settore.
*Le slide pubblicate nell'articolo sono state gentilmente concesse dal Dott. Angelo Faberi, Direttore dell'Ufficio territoriale ICQRF Sicilia.