"Premesso che l'80% della produzione mondiale di nocciole avviene in Turchia, l'Italia con le sue coltivazioni rappresenta una piccola minoranza. Quindi noi imprenditori e corilicoltori italiani possiamo essere competitivi solo se riusciamo a valorizzare la qualità delle nostre produzioni. Come? Puntando sulle certificazioni di qualità del prodotto, come ad esempio il marchio Igp, oppure cooperando e trovando strategie condivise attraverso un distretto corilicolo, che concerti le decisioni; peccato che qui in Campania non esista né distretto né alcuna Igp". Queste in prima battuta le parole di Vincenzo De Maio, dell'omonima azienda agricola di Forino (Avellino).
"Negli ultimi due anni - sostiene De Maio – nell'areale irpino ci troviamo a vivere una situazione alquanto complicata. A differenza della zona di Caserta, dove le coltivazioni sono tutte in pianura e completamente meccanizzate, qui in provincia di Avellino invece le coltivazioni avvengono sui terrazzamenti artificiali in collina, dove la manodopera incide per oltre il 40% dei costi".
"I fattori negativi che ci trasciniamo dalle ultime due campagne, qui in Irpinia, sono sicuramente il calo repentino della produzione, nell'ordine del 30/40%, ma anche una progressiva diminuzione della qualità del prodotto, a causa dei cambiamenti climatici e dell'avvento della cimice asiatica, che sta diventando sempre più difficile da controllare, vista la riduzione dei principi attivi consentiti. La presenza della cimice asiatica è una problematica primaria che incide negativamente sulla shelf-life del prodotto. Inoltre, interessando il 30/40% della merce, la rende non commercializzabile. È dunque comprensibile che questo sia un problema a cui bisogna trovare presto una soluzione, perché altrimenti sono a rischio non solo le sorti di un areale, ma anche quelle di un intero comparto".

"Inoltre, in questi due ultimi anni abbiamo assistito a un aumento repentino dei costi di produzione, ma la nostra redditività è diminuita. Basti pensare che il prezzo medio della scorsa campagna si attestava a 270/280 euro al quintale (=100 kg), ma purtroppo molti corilicoltori sono stati costretti a svendere il prodotto - poiché non perfetto qualitativamente - a 150/ 200 euro al quintale, non riuscendo a recuperare nemmeno le spese produttive. È chiaro che, se questa tendenza perdura, saremo costretti ad abbandonare i noccioleti, con ripercussioni negative anche per il paesaggio".
"Chiediamo quindi aiuto alla ricerca e alla comunità europea, in quanto attendiamo validi antagonisti naturali alla cimice asiatica, ma soprattutto principi attivi che riescano a controllare questo fitofago alieno, perché con i prodotti che sono attualmente disponibili rischiamo solo di inquinare l'ambiente, mentre non controlliamo la cimice. Inoltre mi piacerebbe rivolgere un accorato appello ai miei colleghi: oggi l'agricoltura ha bisogno di un approccio professionale; pensare di vivere l'agricoltura come una seconda attività non è più possibile".
De Maio si concede un'ultima considerazione, dicendo: "Se dovessimo fare previsioni per questa campagna, basandoci esclusivamente sulla fioritura, potremmo dire che sarebbe tutto nella norma, ma il vero problema è che questo inverno è stato mite e la vera incognita è capire quanto inciderà la cimice, appena riprenderà le sue attività biologiche".